ZHARA

Julian Zhara – inedito

ZHARAJulian Zhara è nato a Durazzo, in Albania, nel 1986. Si è trasferito in Italia nel 1999, all’età di tredici anni. Ha vissuto in provincia di Padova e attualmente a Venezia, dove ha studiato e si è laureato con una tesi sulla nuova poesia in Italia. Ha pubblicato Liquori (Ibiskos-Ulivieri, 2008) e In apnea (Granviale, 2009).

Julian Zhara
(inedito)

 

[Le albe coronano il termine delle mie ore orizzontali]

Le albe coronano il termine delle mie ore orizzontali,
albe di riti dissimili e precise, recluse nel recinto della cancrena afosa,
albe uranizzate dal rigore del mattino: un fendente di sociopatica luce
di lampione e sole timido a grattarmi le palpebre,
legarmi gli arti, dirigere un 4:33 di nervi contorti,
e giacevo- tremante- giacevo come quand’ero bambino
gonfio di terrore, l’unica percezione reale del mio corpo
era il sudore ghiacciato freddo,
come a volermi aprire i pori, squarciare le fessure,
il silenzio intorno, fuori;
dentro uno stadio in trepidazione e schiamazzi urla rantolii
tamburi sregolari in sei ottavi, poi sette, poi sei,
a dissociarsi dalla scarica di crampi che di botto
mi attraversava e si arrestava nella bocca dello stomaco,
per attorcigliarmi tutto, voler solo crepare,
finalmente sparire, vomitare, l’estrema soluzione vomitare.
Giravo la testa per non sboccarmi addosso
ma gettare gli avanzi nel parquet polveroso.
Così mi alzavo.
L’immagine tra le lenzuola ben stampata
era un io che avrei voluto accoppare,
stremato, tentavo di addormentarmi
sul tappeto, scrollarmi dal fondo della notte
il viso stilizzato, la beffa di quel volto
che continuava senza invito ad apparire,
aprirmi i rubinetti e poi andarsene.
Piangevo, tingevo il tappeto di bava
quando le lacrime erano scomparse,
pregavo – mentre lo stomaco attorto
si slegava dal dominio del cervello,
lo processava e ne assumeva il controllo-
pregavo che non succedesse più,
speravo solo di potermi liberare,
uscire da me, e pregavo, con tutte le forze
pregavo di dormire per due ore ancora.
Quando le prime luci distanti
mi disegnavano l’ombra che stremato
continuavo a carezzare, svenivo
dalla stanchezza, dormivo forse,
per risvegliarmi poco dopo sconfitto
e tramortito dalla battaglia durata poche ore
che a me sembravano millenni passati.
Mi alzavo, guardavo di sbieco
la sagoma di sudore freddo nel materasso,
ne toccavo la gelida orma,
andavo in salotto mentre tutti
erano a letto a bere un succo:
là seduto pensavo alla notte a venire,
meditavo qualche trucco per risalire dalla lotta
se non vincitore, almeno fuggitivo,
mai come quelle mattine ti ho maledetto
per lasciarmi vivo in questo verminaio.


Julian Zhara è nato a Durazzo, in Albania, nel 1986. Si è trasferito in Italia nel 1999, all’età di tredici anni. Ha vissuto in provincia di Padova e attualmente a Venezia, dove ha studiato e si è laureato con una tesi sulla nuova poesia in Italia. Ha pubblicato Liquori (Ibiskos-Ulivieri, 2008) e In apnea (Granviale, 2009).

 

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