Vincenzo Latrofa – “Canzoni del Tempo” (una lettura di Carlo Picca)

Latrofa Canzoni del tempoVincenzo Latrofa, Canzoni del Tempo
una lettura di Carlo Picca

“E del tempo fu sospeso il corso”
Dino Campana

 

Questo verso accoglie il lettore entrando nel mondo poetico di Vincenzo Latrofa e de le sue Canzoni del Tempo, di questa sua raccolta che ha il sapore malinconico di chi sa più degli altri e ne conosce le beffe, perché a volte essere avanti equivale ad essere solo.

Il passato reca con sé

Un sentimento segreto

Che invita alla redenzione:

Per tutto è sotto il cielo una stagione

Ora sono oppresso

Dalla fatica di dimenticare

Sbatto le mie ali

Contro una gabbia che chiamano vita

Io amai la vita

Perché cercai l’amore

Ma per amore della vita

Mi tocca patire la fame

Dell’anima

La poesia è un’illuminazione, che si rende inconfondibile rispetto ad altri stati d’animo. La puoi per questo definire intuizione, quasi divinatoria, al punto che persino lo stesso poeta si meraviglia di tali illuminazioni che riporta scrivendole in uno stato rapsodico.
Un’illuminazione è quanto di più lontano dalla costruzione poetica, tutt’al più il poeta può far uso del gioco poetico, perché le rime, le assonanze, le consonanze, la metrica e quant’altro non sono che giochi che non la devono costipare quell’illuminazione, ma permetterle di trovare la sonorità migliore per esprimersi.
Ed il verso libero leopardiano è il tratto distintivo di quest’opera. Latrofa è fin troppo esperto di metrica e retoriche poetiche ma le adopera in modo asciutto e comunicativo. Il poeta come la poesia la cogli subito, si differenzia, non è schematica ma con i suoi versi veggenti irrompe nell’animo di chi ascolta.

Alla spietata ingiustizia del mondo

La mediocrità e l’anonimato

Sono l’unica scelta

Chi provando a essere diverso

Sfida le leggi vuote dell’amore

Riceve la miseria

Di essere punito

Ciò che a me ti unisce

È il crollo delle speranze effimere

Che in te riponevi

Senza lasciare traccia

Non c’è altro che l’amore

Ma inseguendo la gloria

Hai deciso di morire per vivere

Un’oscurità che è stata la tua condanna

Quale angoscia allora è più atroce

Morire o essere vivi?

 

Viviamo un contesto socio economico ben lontano dalla poesia, se mi permettete siamo nella prosa più banale, nello schematismo, nel consumo, nel virtuale, o come direbbe qualcuno nell’età artificiale. Troppe informazioni fanno perdere la presenza di quelle importanti, le spostano, talvolta le sostituiscono e siamo fatti così della sostanza di cui sono fatti i cartelli giornalistici e pubblicitari anziché della sostanza dei sogni. Per questo è molto bello e interessante imbattersi in questo lavoro del Latrofa che raccoglie sue liriche composte dal 2009 al 2015.

Molte cose ha da dire il lungo

Trascorrere del tempo

Sulla sorte umana

Cogli qual è il ritmo che governa

I mortali: il tempo

E’ sinusoidale tendenzialmente

Un determinismo inevitabile

E l’eternità non è che il rapporto

Della variabile con la costante

Il tempo è come una clessidra

Che si rovescia sempre su stessa

E gli uomini granelli di sabbia

Eternamente nuovi

I poeti, quelli veri, sono da sempre una generazione di precari, di inadatti. Ma oggi ancor di più. «Nessuno ti richiede più poesia!» «E’ passato il tuo tempo di poeta» scriveva Pasolini e come dargli torto. Pochi leggono poesia e se pensiamo alla città ed ai suoi simboli come luogo di realizzazione delle potenzialità creative ci si ritrova quasi tutti ad essere esseri alienati.
La vita vera, quelle delle intuizioni, delle visioni, delle emozioni, è ai margini, ed un vero poeta deve per forza sentirsi marginale, non inglobato in questo contesto di plastica e opporvisi con tutta la sua diversità. Ci vuole coraggio certo, del momento presente, compassione per la propria storia, nomadismo atletico, fratellanza profondamente e radicalmente rivoluzionaria. Da questa condizione esistenziale possono nascere anche oggi le poesie. Credo che mai come oggi ci sarebbe bisogno di poeti veggenti e di poesia come illuminazione, e per questi motivi siamo ben lieti di quest’opera di Latrofa, di poterla leggere e di poter sapere che un poeta cerca di essere presente e sveglio e di credere nell’epifania della parola, perché la poesia libera riconnettendoci con la parte migliore di sé e costruisce ponti unici…

Ho teso corde da campanile a campanile; ghirlande da finestra a finestra; catene d’oro da stella a stella, e danzo. A. Rimbaud

 

Bari, 8 Giugno 2017
Carlo Picca
Docente in Lettere, Scrittore e Libraio