Valerio Mello, Rive

Valerio Mello

Rive

Ensemble, 2022

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Quale Milano cerca di resuscitare Valerio Mello? Quale tempo – nascosto “sotto l’asfalto” – è riuscito a ritrovare, ad “appuntarsi…sul foglio della mente”? Rive, la prima sezione della raccolta, racconta questa esperienza. L’autore sembra aver vissuto la città in due distinte fasi, una per come appare – da fotografo delle sue forme – l’altra per cosa nasconde e cosa cerca di dire – da rabdomante e interprete. Quasi subito la trasfigura nelle isole greche dell’Egeo, in Agrigento, in Varazze… Di loro sembra cantare rive interiori e metaforiche. Ci propone anche ipotesi di sogni vegetali e scavi geologici che raccontano le ere

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Il remoto in movimento

memoria che si ripara sotto il letto del fiume,

viaggio che non si accontenta.

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Il poeta diventa però, quasi subito, un prosatore, come se la poesia non riuscisse più a riferire i fenomeni, costringendolo a trasformarla in un genere ibrido (su questo problema fondamentale, di stile e di sostanza, si sofferma Gianfranco Gaspari nell’interessante postfazione). Ma Valerio Mello diventa anche Il viaggiatore, titolo della seconda sezione, ovvero un testimone itinerante e pensoso. Ecco dunque la poesia-racconto, la poesia-visione e la poesia-reperto (“Non c’è nulla nel periodo più di una semplice espressione. Non escludo sia stabile questo corpo relegato alla vita come un manufatto ibernato, un antichissimo reperto che viaggia per un multiverso congelato”). In Sala d’attesa, la terza sezione, Le onde inghiottono i binari, le persone, le banchine, la stazione; ogni cosa si avvicina rapidamente al progetto di trasformazione. L’emozione di vivere ciò che non è reale proprio all’interno dell’unica realtà possibile”. In Feste Delie, la successiva sezione della raccolta, il poeta offre il suo corpo alle realtà incorporee, metamorfosi però che pretende qualcosa in cambio: “dono la mia identità in cambio di un’appariscente storia, in un reciproco e tacito accordo per l’esistenza di non luoghi”. Poi, in una albergo torinese, “Il pensiero era nel pensiero” e “La finestra dava sulla Via Lattea”. Segue un Primo intervallo, col racconto calato sempre più in una società distopica e visionaria (“Sorprendo gli organi interni di una statua…Lo stormo delle galassie dentro le formule del marmo”) e Archivio, dove i testi si fanno più interrogativi e metapoetici: “Qui si vuole accennare soltanto alla credibilità di un viaggio. E resta l’atto del chiedere” – “Dovè ubicato il mio essere situato?”.

Seguono il Secondo intervallo (“Un’altra volta a casa mia”), Via Lattea (qui i titoli dei testi confermano la vocazione filosofica dell’intera raccolta: Storia, Cose, Dialogo…) e Esposizioni e Proiezioni, la sezione conclusiva, che registra “la lontananza di tutti i corpi dal centro del tempo, il giro sempre in tondo.” È la fine del viaggio, con la piena coscienza dell’eterno ritorno di tutte le domande.

Antonio Fiori

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                                     Dieci ombre

                                        Varazze

Dieci ombre bevono alla salute della pianta, brindano con
l’acqua nel sottovaso e dicono quel che non pensano.


Dieci ombre seguono le foglie ricurve e scivolano sul pavi-
mento di marmo; poi, si cambiano d’abito e fanno ritorno
alle foglie.


Fare pensieri dove l’aria scava nella parte ctonia, nel fondo
che dice, nell’indagine in primo luogo, nella sorgente che si
accende lontano.


Dieci ombre non vedono più l’ombra; si rannicchiano con
un fiore in mano.


Dieci ombre tirano a indovinare.

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                                          Lucertola
                                             Milano

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Allo stato delle cose, siamo felici – di tanto in tanto – per

questo disordine,attratti da eventi che collassano fino a una

densità infinita.

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Ammiro la lucertola che si distende come un panno al sole; ru

vida e gualcita si assottiglia fino a splendere sulla roccia che

l’ha capita.


Ci siamo persi e ritrovati, dove la luce non c’era. Al di là del

varco spettrale la nudità del tempo – la sua singolarità.

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Prego per la lucertola che si nasconde sotto il cuscino muscoso

della tegola; quando il sole calante non è più sulla via, lei torna

alla sua culla di buio.

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Lo specchio inghiotte i vetri della finestra ed è il paesaggio

che puntualmente si ripropone: vero come il giorno che si

stanzia davanti agli occhi aperti.

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Prego per ogni sapere invisibile, perché non so che cosa sia oscu-

rato; se è vera questa esitazione sulla parola indispensabile.

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Valerio Mello nasce ad Agrigento nel 1985. Studi classici, Laurea in Giurisprudenza. Vive a Milano dal 2011. Ha pubblicato i seguenti libri di Poesia: Versi inferi, 2010; La nobiltà dell’ombra, 2013; Asfalto, 2014; Giardini pensili, 2015; Cercando Ulisse, 2017; Da qualche parte nella vita, 2019. Nel 2019 riceve il Premio Internazionale di Poesia e Narrativa Lord Byron Porto Venere Golfo dei poeti per la poesia. I suoi libri sono stati presentati, tra gli altri, dai professori universitari Gianmarco Gaspari, Roberto Salsano, Rosalma Salina Borello, Alberto Destro, Valter Boggione, Enrico Mattioda, Ignazio Castiglia, in varie città italiane. Sulla sua poetica hanno scritto Roberto Salsano (Una poetica di ombra e di luce: Asfalto di Valerio Mello, in Misure Critiche, anno XIV, Salerno, La Fenice Editore, 2015) e Ignazio Castiglia (Non conoscere, non riconoscere: l’«enigma» della vita e della poesia nella scrittura di Valerio Mello, in Critica Letteraria, Anno XLVIII, Napoli, Paolo Loffredo, 2020). Ha scritto per il settimanale Visto, dove ha curato la rubrica “Le buone letture”. Scrive attualmente recensioni letterarie per i mensili Studi Cattolici e L’Eracliano.

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