Un legno di veliero scricchiolava nella notte assente
senza mare, senza stelle, la pioggia battente
ci sferzava da fuori, come rabbia. Ci sentivamo protetti
un guscio di due, le stufe calde, le lenzuola pulite
le vetrate degli anni Settanta un poco ingiallite
dal tempo – la vecchia tavola
dove avevamo sognato di fare l’amore
desco di terra e verzure
Un legno d’albero scricchiolava nella notte furente.
Non c’era vento che potesse smuoverlo
non c’era fuoco che lo ardesse né acqua che lo inondasse
una profonda radice si inerpicava tra i minerali sotterranei e le falde
– dello stesso colore anticato dell’acqua limacciosa e del vetro.
Del vetro rotto, repentino, della cucina devastata
dei fogli che volavano e della tavola che non restava intera
proiettata sul tetto. Il tetto? Dov’era il tetto sperato e secolare.
L’acqua, la pioggia battente sul capo, nessuna stella, un boato
che correva per la casa.
– Un incubo – dicesti a quelli del TG il giorno dopo l’uragano
dopo che la tromba d’aria si era portata via tutto, me compresa
spezzata come un ramo, come un legno di vecchio veliero in disarmo
senza mare, le vertebre esposte, gli occhi sbarrati sul buio.
– Mai visto un fenomeno così improvviso e violento. –
Alcuni ti guardavano sullo schermo, atterriti.
Ma poi – non li riguardava – cambiavano canale.
Il clima – ricordi?
Una fugace notizia che riguardava altri – il clima che cambia.