Troppo grande per essere un bambino, troppo piccolo per essere un uomo

E lo ricordo quando nel mio corpo di rosa e ruggine

non contenevo il nudo linguaggio

di chi era una rosa come me –

erano bocche dalle quali si aprivano promesse

che cadevano come frutti

per rinnegarmi d’amore alla pioggia

dove la forma dei sogni scandiva il tempo 

con cui spogliare la rosa in un tronco, 

bocche che la paura rendeva una citazione d’inverno

nelle quali lievitavo come un’ombra

con cui congedarmi da un’età 

che non sapevo contare.

 

E lo ricordo quando nel mio corpo di rosa e ruggine

mi stringevo in una preghiera

perché maturassi nel bacio di un bambino a Gesù –

era l’urgenza di avere un focolare

per non tremare da solo davanti all’universo

quando esalava il suo seme 

e dove l’azzurro aveva orme di cane

ne benediceva il sentiero,

di mordere il mio spazio su questa terra  

da dove cantare il silenzio 

quando a nutrirmi c’erano le sole ceneri delle mie variabili

e la carne soffocava nel cordone ombelicale. 

 

E lo ricordo ancora oggi –

ero troppo grande per essere un bambino diceva l’orizzonte

e troppo piccolo per essere un uomo

 

una croce amara 

da portare dove il cuore, prima del presepe dei miei ossimori,

aveva un nome.