Tomaso Pieragnolo, “Portraits” (Passigli, 2022)

Dalla quarta di copertina: “In Portraits, settimo libro di poesie di Pieragnolo, una sequenza di immagini appartenenti alla sua poliedrica esperienza ci restituisce un universo di persone ritratte nell’istante decisivo di una illuminazione, di una presa di coscienza che di fatto cambierà la loro vita. Nell’atmosfera sospesa e rarefatta di una città (Padova) degli anni Settanta e del luogo eletto dei suoi viaggi fin dai primi anni Novanta (Costa Rica), le poesie di Portraits fanno pensare agli scatti di alcuni maestri della fotografia umanista (Doisneau, Cartier-Bresson, Bidermanas, Ronis); il realismo poetico dell’attimo catturato nei testi anima l’immagine nella sua naturale e misterica mobilità tra corpo e spirito, cercando così di rivelare l’inconosciuto, l’interiorità sensibile dei soggetti che lascia una traccia di sé nella natura e nel mondo, rinnovando i valori universali di umanità. Conclude il libro il poemetto Gli amanti di un solo giorno, onirico omaggio all’amore e al veloce passaggio del tempo.” 

 

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l’amico ed io scendiamo
pedalando inappagati
dalla nostra immaginante giovinezza
– le ruote fanno presto
un ronzio d’insetto che vola lui ha messo
una molletta e un cartoncino dentro i raggi –
e non è che il passare da un’estate
alla sua utopia troppo assonante
non è questa un’amicizia
destinata a durare nel tempo
però correndo tutto
sembra fermo intorno
tutto è ai nostri piedi prostrato
non ricordo il suo nome da morto
ma sento il suo odore da vivo
sento il sorriso
che spianava le illusioni le colline
lontano da casa avremmo potuto
non esistere più in quel momento
e nessuno ci avrebbe cercato
nessuno sarebbe mancato
perché eravamo nomi fatui
nel vanto di una stagione
appena dopo l’infanzia
l’amico ed io non ricordo
la sua rivalità disarmante
non era quella un’estate
destinata a durare nel tempo
come certe cose che prolungando muoiono
era soltanto l’immagine di noi
nel verismo della terra dei sogni
con quattro ali e due corpi
di funamboli inappagati

 

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nella parabola del mercato ancora in ombra
(è troppo presto per il sole
nella Piazza della Frutta
giungerà a mezzo giorno
con gotiche geometrie)
la donna sembra un intaglio di luce
cammina senza credersi necessaria
calamita lo sguardo dei carrettieri
(non si può dire sia bella ma
la sua armonia pare brezza negli affanni)
colma di afrori con ricordi e radiche
conosce che presto capitolerà senza riparo
tra portici e botteghe oggi che tutto
sembra tornare nell’inizio
di questo labirinto con parvenza d’alibi
(parrebbe solo ieri che i banchi delle spezie
la superavano in altezza ed allegria
e ancora le sorridono i mercanti del mattino
ancora le regalano cibi acerbi da provare)
o tempo
che sembri un paravento consumato
tutto è difforme così perfetto ancora
tutto proscritto sulle grate del mio viso
nemico consueto all’attesa di una fine
con te mi alleo solo per oggi
eterno incipit parabola di un mercato
verzura gocciolante sul selciato a suo agio
nel caos delle esistenze
amico che ferisci l’ombra di me stessa
l’intaglio di luce che sono
la foto inabitabile di questo doppiofondo
come farò
a ricordarmi senza ridere

 

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o come appare giusto il mondo da qui
dalla terza metà di tempo
che nessuno ha visto giungere o passare
dalla tersa metà di sole che divide
ogni calle in calore e frescura
per loro
non ha fatto errori questo transito
e il presente risulta compiuto
come compiuti risultano gli anni
al momento di ogni cieco amore
nella foto lei riesce felice
nel suo tessuto d’oltranza a fiori
nell’elusione di questa brava estate
che solleva le carte di Via Santa Lucia
in brevi mulinelli e sorride
troppo rara per potersi fissare
in questo presente per sempre
lui nella stessa foto rispecchia l’uomo
che apprende il destino e cerca
una forma d’amore che non cambi
nell’imprudenza di questa allegoria ancora immutata
così mano a mano continuano a ingiovanire
per quella antica profezia che gli predisse il passato
e gli negò il futuro delle discendenze
e qui rimangono audacemente mortali
ridendo troppo e pensando sempre
al giro in tondo del fato e delle bussole
ridendo troppo e serbando sempre
i loro piedi ai mulinelli dell’estate
o alterego del pensiero mai appagato
alto ego degli umani che non sanno
cosa sarà di loro delle loro
fortuite ingenuità

 

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Tomaso Pieragnolo è nato a Padova nel 1965 e da trent’anni vive tra Italia e Costa Rica. Fra le sue precedenti pubblicazioni: Lettere lungo la strada (Edizioni del Leone, 2002), L’oceano e altri giorni (Edizioni del Leone, 2005) e, in questa stessa collana, nuovomondo (2010) e Viaggio incolume (2017), libri che hanno ottenuto riconoscimenti nei premi Palmi, Metauro, Minturnae, Marazza, Saturo d’Argento, Città di Marineo, Gozzano di Belgirate, Ultima Frontiera, Minturnae Giovani e Libero de Libero. Una sua selezione di poesie scelte è stata pubblicata in spagnolo dalla Editorial de la Universidad de Costa Rica e dalla Fundación Casa de Poesía (Poesía escogida, 2009). Come traduttore di poesia latinoamericana, dal 2007 ha proposto nella rivista «Sagarana» principalmente autori della Costa Rica e del Centro America non ancora tradotti nel nostro paese; tra questi, Laureano Albán (Poesie imperdonabili, Passigli, 2011) e, in collaborazione con Rosa Gallitelli, Eunice Odio (Come le rose disordinando l’aria, Passigli, 2015). Per Arcipelago Itaca ha curato nel 2019 Non importa ormai vivere bensì la vita del poeta spagnolo Juan Carlos Mestre. Per le traduzioni è stato premiato al Camaiore, Morlupo, Città di Trento e Marazza. Ha partecipato a diversi festival di poesia nazionali e internazionali.