Thierry Metz, “Dire tutto alle case” (Interno Poesia, 2021)

Traduzione di Mia Lecomte, nota a cura di Massimo D'Arcangelo

Terra. Scavare portando in superficie le radici. Cercare tra le pieghe del paesaggio l’impulso, conoscendo l’enigma. Abbattere. Con il cemento destrutturare la materia e imprimere sul foglio la morsa di ogni cosa, messa al suo posto. Poeta e muratore, Thierry Metz vive nell’anonimato, in ciò che la parola brucia. Eppure, nel silenzio, c’è una casa da costruire, che accoglierà (La casa forse è illusoria/ ma qualcuno qui vive/ e vi cerca il mondo). Una vita, quella di Thierry, passata nei cantieri, il ritorno in famiglia accanto alla moglie Françoise Fenautrigues, e ai tre figli che lo incoraggiano a scrivere, il riposo e, a sera, il semplificare con le parole la fatica di dire tutto. Leggendo l’opera di Thierry Metz, si ha la sensazione di essere dinanzi ad un dizionario di ombre ridimensionate con il verso perimetrale resistente al richiamo della morte e di intravedere l’homme qui penche, affezionato al proprio destino, apparire come un fumo verticale pieno di tinte delicate, attraversato da un mondo iniquo.

 

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Je traînais dans des losanges
Avec tous les alphabets de la terre
Dans mes poches
Et j’écrivais sur les murs
Sur les portes cochères
Je collais de grosses lettres haletantes
Comme des crapauds
Des chiffres couleur d’épi
Claquant la pierre de leurs talons
J’avais un mal fou à tout dire aux maisons
Un mal de chien à les sortir de leur glaise.

(1984)

 

Vagavo tra losanghe
Con tutti gli alfabeti della terra
Nelle tasche
E scrivevo sui muri
Sui portoni
Incollavo grandi lettere alitanti
Come rospi
Cifre color spiga
Che suonavano la pietra con i tacchi
Immane la fatica di dire tutto alle case
Lo sforzo di estrarle dall’argilla.

(1984)

 

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Dans ta voix que tu survolais
quelqu’un remuait du sable
pétrissait vie et mort.
Quelqu’un plaisantait.

Seul l’enfant qui allait mourir
savait que du choeur des mots
surgirait le jardin,
une seule herbe : irréductible.

(1993)

 

Nella voce tua che sorvolavi
qualcuno rimestava sabbia
impastava vita e morte.
Qualcuno scherzava.

Solo il bambino prossimo alla morte
sapeva che dal coro delle parole
sarebbe sorto il giardino,
un’erba sola: irriducibile.

(1993)

 

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Quelque chose a été atteint
non pour le dépasser
mais pour l’atteindre encore —
simple petite rose du regard.
Où nous sommes
où la rose est dite
et avec elle tout est toujours à convoquer
ce qui veut aussi nous atteindre
continue de se rapprocher
pointé seulement pointé
avec ce mot.

Il y a ce va-et-vient de petites choses
personne ne sait ce qui est étranger
personne ne sait ce qui est familier
parce que là où une parole pourrait dire
il demeure toujours ce qu’elle prédit.

(1995)

 

Qualcosa è stato raggiunto
non per superarlo
ma per raggiungerlo ancora —
semplice piccola rosa
dello sguardo.
Dove siamo
dove la rosa è detta
e con lei è sempre tutto da convocare
ciò che vuole ugualmente raggiungerci
continua ad avvicinarsi
puntato soltanto puntato
con questa parola.

C’è questo va-e-vieni di piccole cose
nessuno sa cos’è estraneo
nessuno cos’è familiare
perché dove una parola potrebbe dire
rimane sempre quello che predice.

(1995)

 

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«La vita di Thierry Metz è tutta qui. Nato a Parigi nel 1956, instancabile autodidatta, campione di sollevamento pesi, a ventun anni, dopo il servizio militare, si sposa e si trasferisce nei dintorni di Agen, nel dipartimento di Lot-et-Garonne. Lavora come manovale e operaio a giornata e comincia a scrivere. Grazie all’amico poète de l’intemporelle Jean Cussat-Blanc, conosciuto tramite la libreria Quesseveur di Agen, dal 1978 inizia a pubblicare sulla rivista Resurrection. Nel 1988 esce Sur la table inventée, la sua prima raccolta edita dal poeta, artista ed editore Jacques Bremont, che gli vale il Prix Voronca. Ed è a questo punto che le drame entra in scena per fare son oeuvre. Vincent, il secondo figlio di otto anni, muore davanti ai suoi occhi travolto da un’auto. Metz crolla da allora in una deriva psichiatrica di depressione e alcolismo che dopo il trasferimento a Bordeaux, nel 1996, e due ricoveri nell’ospedale di Cadillac, “padiglione Chardot”, il 16 aprile 1997 lo porterà al suicidio.»

Da T. Metz, Dire tutto alle case, Interno Poesia Editore, dalla prefazione di Mia Lecomte, p. 6.

 

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Opere di Thierry Metz pubblicate in edizione italiana:

L’uomo che pende (L’Homme qui penche), traduzione di Michel Rouan e Loriano Gonfiantini (Via del Vento, 2007)

Quaderno di Orfeo (Carnet d’Orphée), traduzione di Marco Rota, con quattro linoleum originali di Piermario Dorigatti (Quaderni di Orfeo, 2012)

Il muro, traduzione di Marco Rota, con tre incisioni originali di Mario Benedetti, Milano (Quaderni di Orfeo, 2015)

Sulla tavola inventata (Sur la table inventée), traduzione di Riccardo Corsi (Edizioni degli animali, 2018)

Diario di un manovale (Le Journal d’un manoeuvre), traduzione di Andrea Ponso, (Edizioni degli animali, 2020)

Dire tutto alle case, traduzione di Mia Lecomte (Interno Poesia, 2021)

Lettere all’innamorata (Lettres à la bien-aimée), traduzione di Pasquale di Palmo (Il Ponte del Sale, 2022)