Su “Castigo” (Nulla Die edizioni, 2023) di Francesco Costa; “Di solo pane” (Fallone editore, 2023) di Piero Schiavo

A cura di Michele Paladino

Esiste una sostanziale, lapidaria via della poesia contemporanea capace di applicare alla palude del moderno un tipo di poesia dall’invocazione intransigente? Esiste una misura adattata a un verso caricato a un mezzo espressivo soffocato a un precetto di destino? Sicuri che il pathos della visione sia reversibile e coerente alle contingenze esistenziali con un tipo di lirica solenne, magnetica e verticale insolita alle necessità espressive di oggi? Interrogativi critici che trovano portata in due libri che propongono un preciso uso del verso inquadrato in una dimensione di intima irrealtà. Vi è da una parte il senso di una liricità laica, travestita da nudo aforistico e secche sentenze irrefutabili, dall’altra una tensione oracolare, da liturgia postuma e dirozzata alla glacialità di chi ha rotto i ponti con il filtro della quotidianità. Castigo di Francesco Costa è pervaso da una foga allegorica simile ad una riscrittura ambiziosa e irrelata di Sacre scritture dal taglio apocrifo. Se il lettore penserà a un compendio orfico allitterante, tutt’altro, il tono di Costa è affabilmente empatico, come un Sisifo dalla chiosa felice. La piega assolutamente inibitoria del verso oracolare di Costa trae coscienza da un contorno notturno ed esotico in cui “tutto è simbolo / tutto sta per altro cose”. Questo potrebbe indurci a una lettura estetizzante del progetto di Costa? Non è da prendere sul serio questa traccia: l’enigma del salmodiare di Costa è nella venatura dell’apologo, un po’ ingegnoso, un po’ cinico, “non c’è pietà dopo il castigo”:

 

La volpe non biasima
la trappola, né il cacciatore
né sé stessa
ma macina bestemmie
mentre aspetta
ferita
qualcosa
che non sa

 

Naturalmente l’intera raccolta non è emendabile da un sentimento di permanente redde rationem da Dite infernale. Un sogno di punizione terribilmente ilare. Si può parlare di una poesia onesta e composta, dal fondo di una parola pura, battesimale, di laico nutrimento. È ciò che Piero Schiavo assicura nella sua esperienza tra chi è condannato ai suoi stessi bisogni, gli ultimi. Si tratta di un documento di vita, traducibile in una eucaristica, asciutta, catena di condivisioni a una stessa radice biologica: “[…] viene il pane dalla terra / stessa dove marciscono i morti […] l’abitare il limite, l’impreciso / dove l’unico vero pane / è il pane condiviso”. La logica fatalista di chi resterà “ultimo tra gli ultimi” si manifesta nei ritagli di chi è travolto dal dominio della sola memoria, forza dal carattere negativo. Tutte le poesie hanno un segreto: l’effetto di trasparenza. In questo caso la struttura formale dei versi -rinuncia ad orpelli e facili nuance – ci aiutano a restituirci l’intima coscienza di chi è sottratto alle cose del mondo. In questa sobria vertigine weiliana, “E’ un’ipocrisia ripetuta / con presunzione d’innocenza: Dio si prega soltanto /nel silenzio della sua assenza”, non si presentano precetti manzoniani dell’uomo colpevole di scontrarsi con una realtà violenta. La sorte appare come uno stigma d’espiazione: “non c’è colpa […] è un voler condannarsi […] si diviene ciò che si è / non si è ciò che si è diventati. // […] tutto s’annullerà nel niente / ogni cosa che accada / accade per sempre”. Dunque la poesia di Schiavo segue un ideale pragmatico, uno sguardo capace di rendere giustizia a queste tranche de vie infelici, attraverso un concreto presupposto agonistico (da reporter in vivo del Nada y Todo di Giovanni della Croce) di imperturbabile rivelazione realista. Una poesia che si esprime tenendo alla larga le dominanti gerarchie di potere della nostra civiltà.

 

Michele Paladino

 

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Francesco Costa, originario di Belluno e laureato in Scienze Internazionali e Antropologia, vive e lavora a Venezia. Le sue poesie sono state pubblicate da riviste letterarie e antologie, tra cui Poetry Factory, Il Visionario, L’Altrove, 210A, Atelier, LaboratoriPoesia, Asterorosso e Inno all’Infinito, curato da Bruno Mohorovich. Scrive pezzi di prosa fantastica per il quotidiano Il cucchiaio nell’orecchio e le sue opere di fotografia e pittura sono raccolte sul sito web thisminimalshit.com. Costa è autore delle raccolte di poesie Cipango (2020) e La foresta dei cedri (2022), editi da Ensemble, e del fantasaggio satirico-filosofico Manuale di filosofia fantastica (Link, 2022).

 

Piero Schiavo (Ancona, 1976) è docente di Filosofia a Roma e collabora con l’Università di Bologna.Ha scritto alcuni album illustrati per l’infanzia pubblicati in vari paesi, un breve romanzo sulla scuola (Insegnare a studenti a zigzag, Bologna, La Linea, 2017) e due raccolte di poesie: dissolvenze (Giuliano Ladolfi, 2017, che ha ricevuto diversi riconoscimenti) e Una voce, una parola ancora (Italic, 2020). Entrambe hanno ottenuto uno spazio sulla rivista Atelier, o con una recensione, o con un approfondimento. Alcune sue poesie sono state selezionate per le raccolte Poetare (agenda e quaderno), altre sono state premiate in diversi concorsi nazionali e internazionali come il Premio Città di Acqui Terme, Europa in versi – Premio della Casa della poesia di Como, Premio Borgognoni, Premio I Murazzi, Premio Poeti oggi, Premio Buonarroti. È tra i vincitori della terza edizione del Premio Pound.