Ci sono stelle che s’attardano
nell’ametista del tramonto
quasi sognassero di consumarsi piano
in quelle polle fitte di colore,
densa acqua dell’aria,
e nascondere
le punte della propria luce
nelle oasi fragili
schiuse
contro l’avanzare della notte.
Credo che non vogliano guardare.
E ci sono stelle che all’opposto s’afferrano
all’indaco del giorno nuovo;
respinta l’illusione della permanenza,
impigliate
fra i merletti dei rami,
si fingono gocce, di pioggia o di rugiada,
e sperano nel vento:
che le sciolga, infine,
e le dissolva,
preziose lacrime,
vane lacrime,
fino a poco prima occhi siderei
ora dolenti,
troppo,
per troppo aver guardato.