Stazioni  

Ho sognato una stazione
con un treno invisibile
che attraversando la nebbia
ci riconduceva a casa.
Muoveva lento, come tutto,

quand’è davvero importante.

 

Sembrava rubato ad un altro tempo,
e stazione dopo stazione, col fischio
sereno, che annuncia la ripartenza,
ci riportava al crocevia di ogni
nostra scelta. Sbagliata la direzione,
indugiava, toccando terre straniere.

 

Sentivo che il macchinista,
volendo, avrebbe potuto
scegliere una via più breve:
girava troppo, come troppo,
spesso, girano le persone.
Io ero solo una vita
sospesa, tra una banchina
e l’altra, in un vagone.

 

Battevano i rintocchi e tu con me
perdevi la speranza di raggiungere
qualunque meta. Col cuore incupito
mi coricavo. Sperando di scoprire
quale fosse il fine – capolinea.

Ma ecco, appariva un altro treno
ancora invisibile – pio inganno –
che sui pendii tracciava i confini
delle nostre incertezze per portaci
nel luogo atavico della purezza.

Ignorava la via. Si perse.
Ed io con lui. Dall’altro sogno
così mi destai: capendo che
l’uomo vuole un sol viaggio,
un sol genio ingannatore.

Senza saperlo, tornai. quando gli occhi
s’aprirono al giorno. Bastò un polso,
la sensazione d’essere finalmente,
fermo, lì tra le tue braccia in quel luogo
del tempo che tu vuoi chiamare casa.