Rafael Cadenas – Due inediti (Traduzione di Marcela Filippi Plaza)

CADENASRafael Cadenas (Venezuela, Barquisimeto, 1930). Poeta, saggista e docente universitario. La sua opera poetica ha ottenuto negli ultimi anni un importante riconoscimento internazionale: Premio di Letteratura in Lingue Romanze assegnatogli nella Fiera Internazionale del Libro di Guadalajara (FIL, 2009); Premio Federico García Lorca, Granada, 2015 e il Premio Reina Sofía di Poesía Iberoamericana, 2018. E’ stato in due occasioni finalista del Premio Cervantes.

Poesie: Cantos iniciales (1946); Una isla (1958); Los cuadernos del destierro (1960); Falsas maniobras (1966); Intemperie (1977); Memorial (1977); Amante (1983); Dichos (1992); Gestiones (1992, Premio Internacional Juan Antonio Pérez Bonalde); Antología. (Visor, 1999); Sobre abierto. (Editorial Pre-Textos. 2012); En torno a Basho y otros asuntos (Editorial Pre-Textos, 2016). Opera Completa: Obra entera. Poesía y prosa (Fondo de Cultura Económica, 2000 y Editorial Pre-Textos, 2007).

Rafael Cadenas
Due inediti 

 

 

Traduzioni di Marcela Filippi Plaza

*

Fracaso

Cuanto he tomado por victoria es sólo humo.

Fracaso, lenguaje del fondo, pista de otro espacio más exigente, difícil de entreleer
es tu letra.

Cuando ponías tu marca en mi frente, jamás pensé en el mensaje que traías, más
precioso que todos los triunfos.
Tu llameante rostro me ha perseguido y yo no supe que era para salvarme.
Por mi bien me has relegado a los rincones, me negaste fáciles éxitos, me has
quitado salidas.
Era a mí a quien querías defender no otorgándome brillo.
De puro amor por mí has manejado el vacío que tantas noches me ha hecho hablar
afiebrado a una ausente.
Por protegerme cediste el paso a otros, has hecho que una mujer prefiera a alguien
más resuelto, me desplazaste de oficios suicidas.

Tú siempre has venido al quite.

Sí, tu cuerpo llagado, escupido, odioso, me ha recibido en mi más pura forma para
entregarme a la nitidez del desierto.
Por locura te maldije, te he maltratado, blasfemé contra ti.

Tú no existes.
Has sido inventado por la delirante soberbia.
¡Cuánto de debo!

Me levantaste a un nuevo rango, limpiándome con una esponja áspera,
lanzándome a mi verdadero campo de batalla, cediéndome las armas que el triunfo
abandona.
Me has conducido de la mano a la única agua que me refleja.
Por ti yo no conozco la angustia de representar un papel, mantenerme a la fuerza
en un escalón, trepar con esfuerzos propios, reñir por jerarquías, inflarme hasta
reventar.
Me has hecho humilde, silencioso y rebelde.
Yo no te canto por lo que eres, sino por lo que no me has dejado ser. Por no darme
otra vida. Por haberme ceñido.
Me has brindado sólo desnudez.

Cierto que me enseñaste con dureza ¡y tú mismo traías el cauterio!, pero también
me diste la alegría de no temerte.

Gracias por quitarme espesor a cambio de una letra gruesa.
Gracias a ti que me has privado de hinchazones.
Gracias por la riqueza a me has obligado.
Gracias por construir con barro mi morada.
Gracias por apartarme.
Gracias.

(Falsas maniobras, 1967)

Fallimento

Quanto ho preso per vittoria è solo fumo.

Fallimento, linguaggio di sottofondo, varco di uno spazio più
esigente, difficile da decifrare è la tua scrittura.

Quando mettevi il tuo marchio sulla mia fronte, non ho mai pensato
nel messaggio che portavi, più prezioso di tutti i trionfi.
Il tuo fiammeo volto mi ha perseguitato ed io non sapevo allora
che fosse per salvarmi.
Per il mio bene mi hai lasciato agli angoli, mi hai negato
facili successi, mi hai privato delle vie di fuga.
Era me che volevi difendere non conferendomi luce.
Per puro amore per me hai governato il vuoto che in tante
notti mi ha fatto parlare febrilmente a un’assente.
Per proteggermi hai ceduto il passo ad altri, hai permesso
che una donna preferisse qualcuno più deciso, mi hai distolto
da licenze suicide.

Tu sei sempre intervenuto per prestare aiuto.

Sì, il tuo corpo piagato, sputato, odioso, mi ha accolto
nella mia forma più pura per consegnarmi all’essenzialità del
deserto.
Per pazzia ti ho maledetto, ti ho maltrattato, ti ho bestemmiato.

Tu non esisti.
Sei stato inventato da una delirante superbia.
Quanto ti devo!

Mi hai elevato a un nuovo rango pulendomi con una spugna
ruvida, gettandomi al mio vero campo di battaglia, cedendomi
le armi che il trionfo abbandona.
Mi hai condotto per mano verso l’unica acqua che possa riflettermi.
Grazie a te non conosco l’angoscia di recitare un ruolo, di reggermi
per forza a un gradino, salire con sforzi propri, litigare per
gerarchie, gonfiarmi fino a scoppiare.
Mi hai reso umile, silenzioso e ribelle.
Non ti canto per ciò che sei, ma per ciò che non mi hai lasciato essere.
Per non darmi un’altra vita, Per avermi tenuto stretto.

Mi hai offerto solo semplicità.

Certamente mi hai educato con durezza, e tu stesso portavi
l cauterio! E mi hai anche dato la gioia di non
temerti.

Grazie per togliermi volume in cambio di una scrittura piena.
Grazie a te mi hai privato di boria.
Grazie per la ricchezza a cui mi hai costretto.
Grazie per costruire con fango la mia dimora.
Grazie per appartarmi.
Grazie.

(False manovre, 1967)

*

Ars poética

Que cada palabra lleve lo que dice.
Que sea como el temblor que la sostiene.
Que se mantenga como un latido.
No he de proferir adornada falsedad ni poner tinta dudosa ni añadir
brillos a lo que es.
Esto me obliga a oírme. Pero estamos aquí para decir verdad.
Seamos reales.
Quiero exactitudes aterradoras.
Tiemblo cuando creo que me falsifico. Debo llevar en peso mis
palabras. Me poseen tanto como yo a ellas.

Si no veo bien, dime tú, tú que me conoces, mi mentira, señálame
la impostura, restriégame la estafa.
Te lo agradeceré, en serio.
Enloquezco por corresponderme.
Sé mi ojo, espérame en la noche y divísame, escrútame, sacúdeme.

(Intemperie, 1977)

Ars poetica

Che ogni parola rechi ciò che dice.
Che sia come la scossa che la sostiene.
Che rimanga come una palpitazione.

Non devo proferire falsità né mettere inchiostro dubbioso né
aggiungere lustro a ciò che è.
Questo mi obbliga ad ascoltarmi. Ma siamo qui per dire verità.
Siamo reali.
Voglio esattezze terrorizzanti.
Tremo quando quando credo di falsificare me stesso. Devo soppesare le mie
parole. Mi posseggono come io posseggo loro.

Se non vedo bene, dimmi tu, tu che mi conosci, mia bugia, indicami
l’impostura, strigliami la truffa.
Ti ringrazierò, davvero.
Impazzisco per corrispondermi.
Sii il mio occhio, aspettami di notte e scorgimi, scrutami, scuotimi.

(Intemperie, 1977)


Marcela Filippi Plaza (1968), laureata in lingue e letterature straniere, è una traduttrice cilena che vive in Italia.I suoi studi e traduzioni hanno contribuito in maniera importante alla diffusione diell’opera di poeti latinoamericani, spagnoli e portoghesi in Italia. Il suo alto grado di conoscenza delle lingue le è servito per poter sperimentare anche nuove attività editoriali. Ideatrice del progetto delle antologie bilingue Buena Letra 1 (2012) e Buena Letra 2 (2014) di scrittori ibero-americani tradotti per la prima volta in italiano, e della collana monografica bilingue Fascinoso Verbum che, nei primi tre volumi comprende, il poeta e critico letterario italiano Domenico Cara, la poetessa cilena Jeannette Núñez Catalán, e il poeta spagnolo Miguel Veyrat; di sua cura e traduzione Urbs Aeterna (Edizioni Talos, 20 sonetti dedicati a Roma) di Julián Isaías Rodríguez. Dirige la collana bilingue Hypatia per la casa editrice Talos, collabora con case editrici e diverse riviste di poesia italiane e latinoamericane. Attualmente è impegnata nell’edizione e traduzione di un’antologia biingue sull’opera del poeta italiano Valerio Magrelli e di altri due poeti di lingua spagnola . E’ in corso di preparazione l’antologia bilingue Letras (ex Buena Letra). Per la rivista di poesia Atelier ha tradotto Edmundo Herrera, Marta López Vilar, Santos Domínguez Ramos, María Isabel Saavedra, e José Angel García Caballero, José Cereijo, Homero Carvalho Oliva, Miguel Veyrat, Verónica Pedemonte Morillo Velarde, Javier Lostalé.

Fotografia di proprietà dell’autore.