Piero Toto, “tempo 4/4” (Transeuropa, 2021)

Nota di Luca Cenacchi

«cosa sono io per te?» – Esistenzialismo interazionale e discoteca in tempo 4/4 di Piero Toto

Piero Toto pubblica tempo 4/4 con Transeuropa nel gennaio 2021. Questa breve ma densa raccolta di poesie, grazie alla sua peculiarità intertestuale, vuole sondare un modus vivendi strettamente connesso a certi presupposti esistenzialisti, definiti in questo articolo interazionali perché eredi dei moduli di rappresentazione dell’alterità simili a A Game of Chess di T.S. Eliot e il racconto di Joyce Un caso pietoso in Gente di Dublino. Infatti, sulla scia di questi autori, Toto rappresenta un “io” isolato a causa del venir meno del dialogo con l’altro: darsi agli altri è quindi impossibile. In questa prospettiva si inserisce la necessità di portare alla luce spazi di resistenza (ad esempio, la discoteca in quanto eterotipia di matrice foucaultiana) in cui vengono contestate le logiche eteronormate, prima marca nettamente queer dell’opera. Nell’arco della plaquette, tuttavia, la contestazione si manifesta anche come forma di rifiuto della colpa cristiana – tema che aveva perseguitato la poesia di Dario Bellezza. Proprio questo radicale atteggiamento contestativo – e quindi intrinsecamente rivoluzionario – contraddistinguerà la queerness di Toto sul piano generazionale da quella precedente. Ex abrupto si sottolinea che, solo per necessità di sintesi, non sono state analizzate le poesie di argomento diasporico (tra cui: The Siren, Hopelessly Lost; mediterraneo). Infine vorrei ringraziare l’autore per l’inesausta volontà di dialogo e apertura nell’orientare le ipotesi qui presenti: dinamica che ha contraddistinto la stesura dell’articolo.

 

  • L’attesa dell’Altro

Questa breve ed elaborata silloge si apre e chiude programmaticamente con un riferimento musicale e amoroso: da qui sarà necessario quindi partire per comprendere l’impalcatura figurale della raccolta e ripercorrerne le sue evoluzioni tematiche che coprono un lasso di tempo lungo vent’anni:

tempo 4/4 (overture 1996)

«dove fuggono
le mie parole
quando lecco
la tua pelle
infastidita

incastrato tra
spigoli di odio
e scampoli di tempo
m’arrendo
a un sogno
e libero di te
ciò che non sai
ciò che non sono:
di te
l’ultimo frammento

amo
le stupide carezze
che ti do
che non mi dai

tu sei
frusta e comando
del perdono
orma di leggerezza
che trasporti
quest’incerta fibra
addormentata

fra di noi, la miseria
di esistere nel vago

oltre un riflesso anonimo
sei nato come un astro
che si tuffa in nero
manto incapace di brillare

è d’un’attesa
che si nutre
questo tempo.»[1]

Toto suddivide la poesia in due filoni tematici tra loro implicati. Un sentimento del tempo proiettato in una prospettiva pessimista, in cui musica ed un esistenzialismo interazionale vengono suturati con originalità illustrando un modus vivendi possibile unicamente per scampoli, per attese: le intermittenze tipiche della musica house, ritmata dal beat in battere su tempi quadrati come 4/4. Pur non essendo presente direttamente nel testo, Sartre potrebbe servirci come premessa filosofica per inquadrare questa lirica e la raccolta: dell’autore francese viene ripreso il concetto di nausea, ovvero quella specifica condizione metafisica e psicologica in cui si realizza di essere in un mondo percepito irrelato dal sé, dalla coscienza. Toto proietta questo concetto nel rapporto con l’altro, autorizzato da A Game of Chess di T.S. Eliot in The Waste Land, la cui influenza è centrale sia nella produzione del Nostro in lingua italiana che in quella in lingua inglese. Eliot autorizza la rappresentazione figurale dell’alterità: quest’ultimo, infatti, rappresentava le persone come un flusso e gli individui in maniera del tutto indeterminata, anonima e metonimica: «là vidi uno che conoscevo», «scalpicchiavano passi sulla scala»[2]. Questo getta un po’ più di luce sulla caratterizzazione sfuggente dataci da Toto nella lirica citata e nella plaquette. Difatti l’altro è un astro nero incapace di brillare, un’orma leggera e, nella poesia finale, orma di un riverbero: egli pur nella sua prossimità anche fisica rimane indeterminato, ovvero un’alterità difficile da scandagliare. Similmente ad Eliot, Toto mette in scena soliloqui con l’obbiettivo di sottolineare una mancanza, un’impossibilità di dialogo: l’altro, se parla, è per ridurre al silenzio l’interlocutore e ‘l’io’, se parla, è per fare domande senza risposta.

In questa dimensione è trascinato il discorso amoroso della prima lirica e dell’ultima. Sarà prudente rifarsi sempre a Un caso pietoso di Gente di Dublino citato in epigrafe, dove si racconta la triste storia di Mr Duffy e Mrs Sinico: qui emerge che l’unica possibilità di sottrarsi alla solitudine è appunto l’amore. In questi termini è da intendere il discorso degli amanti tra questa poesia e l’ultima, che conviene sin da subito comparare:

«silenzio, mi dici
silenzio, mi urli
avvolti in quest’orgia
di cielo, d’un colpo
non riusciamo
ad amarci

tu sei scheggia
orma di un riverbero
anonimo che batte
contro il tempo
l’alfiere, lo scacco madornale»

Causata anche dalla mancata reciprocità, la mutua difficoltà di amare o essere amati, da cui dipende la possibilità di penetrare il diaframma della solitudine, è il problema che Toto pone in questa plaquette. Una parte della poesia di Toto, a livello relazionale, è quindi l’attesa dell’altro di darsi.

Questo rovello di come portare se stessi agli altri emerge più chiaramente, però, in un’altra poesia dell’autore all’interno dell’antologia in lingua inglese fourteen poems, che contiene uno scritto risalente alla fine del 2021, quindi un anno successivo alla pubblicazione della silloge. Nell’intervista a lui dedicata, oltre a mettere in luce come interpoli testi di canzoni house nei propri, sottolineando quindi il carattere di fonte di queste ultime, dimostra di concepire una bipartizione tra essenza e forma: tra interiorità e corpo; amore e sesso. Qui il poeta si pone un problema simile a quello di Joyce: si chiede cosa l’altra persona percepisca dell’interiorità oltre il corpo e come essa possa essere portata all’altro, che non si vuol dare/sacrificare:

«I feel like fucking
and sacrificing brightness
to the altar of your hands.[…]

In one version of this day
my skin stammers – I am
my sister’s irate chest
my brother’s restless arm
the smirk a mother makes
a shrine– will you hold it?»[3]]

Da questi versi forse possiamo dedurre che la possibilità dell’amore è in realtà un interrogativo posto continuamente all’altro e quindi richiesta di un contatto. Ciò che si attende e chiede è il darsi dell’altro alla propria coscienza; viceversa è chiedere all’altro di riconoscere la propria essenza, cioè quel bagliore che viene sacrificato nel sesso. Scandagliando lucidamente le relazioni intime ai tempi dei social network (grindr o tinder), il sesso è dunque una forma di sacrificio perché impone una modifica esterna della forma, ovvero del corpo, (nella succitata intervista con fourteen poems, Toto parla di fascismo estetico, dettaglio di natura antropologica che qui non si analizzerà per sintesi) a cui la coscienza deve piegarsi per imposizione. Come emerge nella poesia swipe right di questa plaquette, la prossimità ‘sessuale’ dell’altro non è presenza, ma forma diversa di attesa:

«[…] sì
toccami
dileggiami
feriscimi

in quest’orgia di centimetri
sventrati da semplici preposizioni

da?

   per?

ma tu non vieni mai»[4]

Come annunciato l’attesa della risposta e il disinteresse dell’altro proietta le tipiche effusioni degli ‘amanti’ nella noia, nell’infastidimento e solitudine di marca sartriana, mentre Toto prosegue a domandare: cosa sono io per te?. L’ostinazione alla domanda sarà modo per perseverare e resistere.

The life of Others

«Tutto è
mentre ognuno pensa a sé
smancerie distratte
leccate da noiose solitudini
mentre insisto a chiederti:

cosa sono io per te?»[5]

Da questa impasse comunicativa, se così vogliamo chiamarla, ne può conseguire solo una forma di ‘resistenza’, che pur esaspera chi la compie: vivere è perseverare, perseverare è essere (to exist):

«[…] è questa mente
a non potersi ribellare
a quello che non siamo
funesti bisestili
esasperati dal dover
perseverare, to exist»[6]

In tutto questo che posto occupa l’house e la discoteca all’interno della silloge?

 

  • Discoteca come eterotipia e racconto collettivo

La plaquette è accostata ad una playlist di musica house. L’house come genere musicale nasce dalla dissoluzione violenta della disco ed è genere nato nella sottocultura black-latino e queer. Le warehouse sono poi diventate punti di aggregazione della comunità queer, quindi, come genere musicale, gioca un grande ruolo nella configurazione identitaria della comunità e secondo alcuni articolisti, come Luis-Manuel Garcia, il club dà un’alternativa rappresentazione della storia della sessualità[7]. In particolare negli anni ‘70, quando quel mondo era legato ancora alla disco, Garcia dice: «In New York City at the beginning of the 1970s, queers of color (primarily of African-American and Latin-Caribbean ancestry) and many straight-but-not-narrow allies came together to create small pockets of space in the city’s harsh urban landscape—spaces where they could be safe, be themselves, be someone else for a while, and be with others in ways not permitted in the “normal” everyday world.»[8]

Per queste ragioni Toto considera i testi house alla stregua delle fonti più canonicamente letterarie, interpolandoli nei suoi testi.

house music

«nel suono, tutto
anche la noia
s’addormenta
e sboccia in tuono
che s’arresta
con il ferir dell’aria
in ombre del mattino
titubante

corpi srotolati
in siccità di sguardi
stanchi di sbraitare
il tuo tributo
e riverire 4/4
in battere
in levare
sedotti qui
a farci raccontare.»[9]

Il titolo è tratto dall’omonima canzone di Eddie Amador che ripete in loop: «not everyone understands house music, it’s a spiritual thing, a body thing, a soul thing.». Riferendosi alla discoteca come luogo – e all’house come genere – Toto pare considerarla una specie di eterotipia, nel senso focaultiano, cioè uno spazio altro e utopico, in cui il dramma dell’esistenza, precedentemente illustrato, pare dissolversi («anche la noia/s’addormenta»). Infatti questa poesia è l’unica in cui il dialogo io-tu lascia posto a un noi in chiusa proprio perché afferisce ad una dimensione comunitaria, implicita nel genere: esso narra una vicenda collettiva. Proprio per questo carattere eterotipico la discoteca diviene anche luogo di resistenza, in cui vengono contraddette le logiche eteronormate degli spazi esterni.

 

  • Rifiuto della colpa e la ricerca di spiritualità alternative

In un dialogo, parlando della poesia Is My Body Mine?, al minuto 6.40 sul tema spiritualità Toto afferma: «I’ve decided to infuse that poem with some sort of spiritual/religious tinge,[…] I think and I hope that I’ve shed that guilt, and all those scenarios that come with those religious institutions and especially the role of Christianity in relation with the body»[10]. Oltre a darci la prospettiva dell’autore sulla poesia già citata precedentemente, questa dichiarazione aiuta a comprendere meglio la prospettiva sulla spiritualità in sé, che emerge nella plaquette principalmente in la remissione dei peccati e radici; poi della spiritualità in relazione al corpo e in contrapposizione alla morale cristiana. Questo discorso permette di far emergere la marca prettamente queer dell’autore in contrapposizione anche ad un poeta capitale come Dario Bellezza, la cui filiazione testuale è legittimata da Toto stesso in uno degli inediti apparsi su Atelier (sull’utilità della poesia come atto dissonante), i quali fan parte di una raccolta inedita: total eclipse.

Partiamo quindi dall’inizio; di Bellezza si cita un frammento di Invettive e Licenze: «Che peccato questa solitudine,/ questo scrivere versi ascoltando il peccatore/cuore sempre nella stessa stanza», terzina estrapolata da forse mi prende malinconia a letto.  Il passo scelto in epigrafe mette in rilievo, come aveva notato Pasolini, principalmente l’impossibilità di Bellezza di staccarsi dalla colpa intesa in senso cristiano, da cui deriva la dimensione purgatoriale della sua poesia. Quindi il problema che Toto si pone verosimilmente sarà: come può un uomo italiano e queer accedere alla spiritualità? La risposta a tale quesito permetterà affermare, nella diversità degli esiti rispetto al tema, l’ipotesi di una differenza generazionale delle traiettorie identitarie di persone che adottano un’ottica rivoluzionaria, critica e contestativa, concordantemente alle teoresi di Mario Mieli, le quali già circolavano negli anni 70. Questa propensione rivoluzionaria e contestativa, oltre ad essere una marca generazionale e più propriamente queer, permette a Toto di liberarsi dalla colpa dell’omosessualità (shed the guilt), presupponendo che essa non sia mai esistita:

(la remissione dei peccati)

«imbottigliati tra mosaici bizantini
si sprecano alleluia che non salvano
dai crisantemi odori acri e folleggianti
si spandono su per le narici ottuse.»[11]

Ripercorrendo le orme di letterati e intellettuali della Beat generation, si potrebbe sillogizzare che Toto ritrovi una dimensione di spiritualità immanente e libera dalla colpa cristiana in istanze orientali affini al Buddhismo. Se si accettasse questa premessa, la concezione della potenzialità del vuoto di questa filosofia autorizzerebbe, quindi, una rinascita permettendo la remissione, lo svuotarsi dall’impasse della colpa, senza però poter affrancarsi dalle istanze ‘esistenzialiste’ dell’impossibilità di dialogo con l’altro (ostile permanenza dei miei dubbi): quindi la meditazione sarà pratica funzionale a riprendere contatto con se stessi.

radici

«nel silenzio dei miei chakra
solo il gong a ricordarmi
come passa il tempo tra i respiri
e di inerzia come pesa il fallimento
l’ostile permanenza dei miei dubbi
che serpeggiano nel mare.»[12]

Reso possibile dalla meditazione e dall’atto poetico tanto dissonante quanto si fa analisi critica e forma di resistenza, questo bisogno di ritrovarsi è necessario poiché il rapporto con l’altro, non potendosi basare su un dialogo per accorciare la distanza e l’attesa, esige ed impone sempre una mutazione della propria individualità, la quale impedisce al soggetto di approdare a sé rendendolo un’eco di corpi:

sull’utilità della poesia come atto dissonante

Che peccato questa solitudine, questo
scrivere versi ascoltando il peccatore

cuore sempre nella stessa stanza…

—Dario Bellezza

«la vita degli altri è in rime sversate
fra crepe ed anfratti sui volti dei nudi
l’avverto lo spasmo con l’attesa
delle voci che sgozzo

e quando cedo a questa rovina
si sfalda la trincea e mi adatto
a figlio amante amico
a me senza mai approdare

anch’io come te
credevo ai ritorni
anch’io come te
un’eco dei corpi»[13]

 

  • Per concludere

La parabola tracciata da questa raccolta – e dalle due poesie in essa non presenti qui riportate – risulta di particolare interesse. In primo luogo perché propone un modello di poesia intertestuale effettiva i cui riferimenti non sono semplici inserti fine a se stessi, ma trovano una ragione e un impiego specifico a livello stilistico senza scadere nel manierismo; in seconda istanza, l’esistenzialismo interazionale proposto da Toto accoglie anche il punto di vista delle più recenti acquisizioni in campo antropologico relativamente alla diade corpo/società. Infine, unendo ai precedenti elementi la rappresentazione della discoteca in quanto eterotipia foucaultiana – luogo di resistenza, rivoluzione oltre che racconto comune – e il rifiuto della colpa cristiana, la quale ha segnato le vicende letterarie di vari mostri sacri della letteratura queer tra cui Dario Bellezza, Piero Toto restituisce un paradigma sfaccettato di poesia e queerness, capace di rappresentare in un continuum “lirico” il legame tra istanze personali, culturali, storiche e generazionali ancora oggi rilevanti.

 

[1] Piero Toto, tempo 4/4, Transeuropa, Massa 2020, pp. 9-10.

[2] T.S. Eliot, La terra desolata, in Poesie, Bompiani, Milano 2015, p. 261.

[3] Piero Toto, Is My Body Mine, in fourteen poems, Londra, 2021.

[4] Piero Toto, op. cit., p. 32.

[5] Piero Toto, op. cit., p. 25.

[6] Ivi, p. 35.

[7] Cfr. Luis-Manuel Garcia, An alternate history of sexuality in club culture, in https://ra.co/features/1927.

[8] Ivi.

[9] Piero Toto, op. cit., p. 12.

[10] Cfr. fourteen poems Instagram Live, https://www.instagram.com/tv/CktdenFIxHL/?igshid=YmMyMTA2M2Y%3D.

[11] Piero Toto, op. cit., p. 26.

[12] Piero Toto, op. cit., p. 34.

[13] Cfr. https://atelierpoesia.it/piero-toto-inediti/?fbclid=IwAR1SU_6YdCTvO4ywSePiGoiJ2H9BqqveNuQCUrdwIHgcxgnjkKI6vuZadr8.

 

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Piero Toto è un poeta bilingue residente a Londra, dove lavora come traduttore dall’inglese e come senior lecturer in traduzione presso la London Metropolitan University. In Italia ha pubblicato la silloge tempo 4/4 (Transeuropa Edizioni, 2021), segnalata al Premio Internazionale Mario Luzi 2021. Sue traduzioni dall’inglese e inediti in italiano sono rinvenibili su «Atelier», «Interno Poesia», «Laboratori Poesia», «Menabò online», «La Repubblica» e «Queerographies». Le sue poesie in lingua inglese sono apparse su riviste e blog letterari britannici e internazionali. Twitter/Instagram: @pierototoUK.

 

Luca Cenacchi, studente di Italianistica all’università di Bologna,principalmente si occupa di critica letteraria con particolare interesse verso la poesia queer italiana. ha collaborato con varie riviste online e cartacee tra cui: Argoonline, Poetarum Silva, Atelier (cartaceo),Niederngasse, FaraPoesia e altri. Ha collaborato con diverse case editrici, per cui ha firmato prefazioni e interventi,tra cui: Oedipus, Atelier, Fara editore e Tempo al Libro. è stato giurato presso vari concorsi letterari tra cui Bologna in Lettere (Dislivelli 2018). Attualmente collabora con il collettivo forlivese Candischi di Forlì con cui organizza presentazioni di poesia.