Piergiorgio Viti, ‘Quando l’aria aveva paura di Nureyev’

Piergiorgio Viti

Quando l’aria aveva paura di Nureyev

Terra d’ulivi, 2021

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“A Nureyev a tutti quelli/ che vivono in punta dei piedi”, questa la dedica della nuova silloge di Piergiorgio Viti – Quando l’aria aveva paura di Nureyev – che ci ricorda uno dei più nobili impegni di chi scrive poesia, quello di dar voce a chi non alza la voce, di raccontare la vita di chi vive in punta dei piedi. La raccolta è divisa in dieci sezioni, dai titoli variegati e talvolta sorprendenti: Un dovuto amore, Notizie da Urano, Seguendo il fiume, Nel nome del padre, Corsie, Un loculo a Bolognola, A palpebre chiuse, Agenzia investigativa Morgan, Centro, Ti chiedo scusa. Ma il lettore, nelle brevissime note che chiudono il libro, troverà le chiare e pacate ragioni di questi titoli e potrà inziare la lettura animato da una sensazione particolare di consapevolezza e curiosità per quel che l’attende.

Si parte dall’amore e s’arriva all’amore – ci dice il poeta – ma nel mezzo, ci accorgiamo, c’è tutta la vita. Uno dei temi che affiora quasi subito è quello dell’adeguatezza della lingua poetica – come in questi versi, dove è affrontato all’interno una poesia amorosa: Sì, è un dono conoscere tutti gli alfabeti/ per sussurrarti/ che quando sono per le scale/ e non ci sei,/ mi sembra di aver sbagliato vita; o in questi, che parlano di silenzi reciproci: e anch’io non sono stato capace/ di dire nulla,/ come faccio sempre,/ come tutte le volte/ che non parlo/ e una carezza mi resta tra le mani.

Nelle sezioni centrali incontriamo vite condotte in disparte, quasi nascoste, di quelli che voltano sempre l’angolo, che non vanno né avanti né indietro e che Viti intercetta e illumina per un momento ma che subito si defilano, magari con un rimprovero: è troppo presto, sembrava dirmi,/ per capire, ognuno se li tenga stretti// i suoi peccati. Il poeta dedica una sezione al ricordo del padre, dove denuncia un dialogo difficile e i giorni duri del commiato – Tu a letto,/ con il sonno perenne dei bambini,/ hai il fiato che sa di rose. Era un uomo del sud trasferitosi nelle Marche, orgoglioso di lavorare nell’impresa elettrica nazionale ma che un piede e mezzo/ ce l’aveva ancora nel Gran Sasso. Poi, in ‘Corsie’, lo sguardo di Viti si muove sulla sofferenza delle degenze ospedaliere, sul quel tempo sospeso, senza stagioni e senza profumi. Un omaggio all’immaginazione è invece ‘Agenzia investigativa Morgan’, una sezione che allenta la tensione emotiva e riflessiva di questa raccolta. Vi si narrano misteri fantasticati dal poeta ma affidati ad una autentica (e inconsapevole) agenzia investigativa – Mio marito si vede con qualcuna,/ ne sono certa. Ha un odore che non è/ il mio. Ha una premura che non è la sua…Mio marito si vede con qualcuna,/ abbia la pietà di dirmelo. Oppure/ di non dirmelo.

E Nureyev (?) si chiederà qualcuno. Ebbene, anche lui, come l’amore, apre e chiude questo libro umanissimo, prima comparendo nella citata dedica d’apertura quindi facendo capolino nell’ultima poesia – Ti chiedo scusa per le volte/ che provo a imitare Nureyev,/ invece sono più goffo di un panda – una lunga e frammentata poesia d’amore, ironica e un po’ triste, in piena sintonia con la originale e convincente cifra poetica del nostro autore.

Antonio Fiori

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Volevo scrivere per te

una poesia d’amore,

ma mi è venuta male.

Ma non è che

se una poesia d’amore

viene male,

io non ti ami.

Pensa a quante cose,

anche se fatte con amore,

mi sono venute male:

una volta

ho provato a cucinare

il risotto agli asparagi,

hai detto È buono,

anche se non lo pensavi davvero.

Oppure

quando ti ho fatto un regalo

che non ti piaceva,

tu hai comunque detto

Questo proprio mi mancava.

Allora accetta pure

il mio volerti bene

senza trovare le parole,

sarà come una cerniera lampo

che non chiude nulla,

ma che tiene unito

per sempre

qualcosa.

Piergiorgio Viti vive nelle Marche, dove è professore di lettere. Come poeta, ha esordito giovanissimo e questa è la quarta silloge. Le sue poesie sono tradotte e pubblicate in inglese, francese, spagnolo, greco e rumeno. Ha preso parte a rassegne, antologie, rassegne nazionali e internazionali sulla poesia, tra cui, nel 2020, il 3° Festival della Poesia di Patrasso in Grecia, su invito del poeta Sotirios Pastakas, e il progetto “Infusions poétiques” in Francia, dell’artista Cécil A.Holdban. Collabora con riviste letterarie, è ideatore di Versus, festival di confronti poetici a Recanati, e ama la contaminazione della parola poetica, lavorando al fianco di artisti contemporanei quali Peter Bartlett, John Hewitt, Emilio Sgorbati e Rita Vitali Rosati. Ha anche scritto “La fiaccola di Virginio e Virgilio” (2013) con Tosca come protagonista, “I sogni di Ray” (2013) per il teatro, con attore protagonista Carlo Di Maio, ed è andato in scena a teatro nelle vesti di autore e voce recitante ne “La voce dell’uomo” (2018/2019), un tributo al cantautore Sergio Endrigo. Come traduttore, ha tradotto “I Preludi” di Alphonse de Lamartine con lettura di Ugo Pagliai e Paola Gassmann per il festival marchigiano “Armonie della Sera” (2012).