Peter Covino – Tre inediti (traduzione di Francesca Borrione)

Covino Color Terrace 2 less squintyPeter Covino, poeta, editore, e traduttore, è professore associato alla University of Rhode Island, dove insegna poesia e letteratura etnica e italo americana nel programma di dottorato, presso il dipartimento di Inglese. Tra i suoi volumi pubblicati: The Right Place to Jump e Cut Off the Ears of Winter, entrambi per i tipi di Western Michigan University Press, e Straight Boyfriend, vincitore del premio Frank O’Hara. Altri riconoscimenti e assegni di ricerca includono il PEN American/Osterweil Award, Paterson Poetry Prize for Literary Excellence, e residences presso la American Academy a Roma, Nida Translation Institute, e Richmond American International University of London. Peter Covino
Inediti
Traduzione di Francesca Borrione

Nel paesaggio infero di quella citta terremotata

—Avellino 1995, 1955

Una conversazione casuale, un ricordo, davanti alla cattedrale ricostruita, di un autista a pagamento e della lunga corsa in città per il Festone di agosto, la grande festa… alla cena del giorno di festa da Zio Tobia, cercarono di servire a mio padre la testa e le ossa del collo di un pollo. Seguì la mite risposta di mio padre che non mangiava teste di pollo e ossa del collo, né le avrebbe mai mangiate. Questi stessi parenti che si erano fatti prestare 800,000 lire finsero di non essere a casa quando, in un’altra occasione, mio padre cercò di riscuotere il credito. Quarant’anni dopo, non è stata restituita neanche una lira, neppure una tazza di caffe. Non sorprende che mia madre sostenga che la moglie di Tobia, Immacolata, sia morta così giovane, appena cinquantenne, per un attacco di cuore.

Ventiquattro ore dopo che Zia Immacolata fu seppellita, il suo corpo probabilmente ancora freddo per il ghiaccio che avevano disteso su di lei in quella piovosa, calda giornata di agosto, dei passanti dissero di aver udito urlare dalla cripta dove giaceva. Quando la pioggia si fermò e il terreno smise di minacciare di far scivolare i morti giù per la collina, si dice che i custodi del cimitero aprirono la tomba di Immacolata per scoprire che si era graffiata la faccia, in striature di sangue secco, lunghe, come un fiume, per il puro terrore di rendersi conto… era stata sepolta viva. I miei narratori-genitori lo raccontano senza il minimo senso di rimorso, con la calma che viene da anni di vita difficile. Dopotutto, si trattava di una persona come lei, che serviva teste di pollo nei giorni di festa. Ha avuto ciò che meritava.

In the Netherscape of That Earthquaked Town

—Avellino 1995, 1955

A causal conversation, a remembrance, in front of the rebuilt cathedral about a hired driver and the long ride into the city for the August Festone, the big feast … at Uncle Tobias’ holiday dinner, they tried to serve my dad a chicken’s head and neck bones. Then my father’s tempered response that he didn’t eat chicken heads and neck bones, and never would. These same relatives who borrowed 800,000 lire then pretended not to be home when, on another occasion, my father tried to collect the debt. Forty years later—not one lira paid back, not even a cup of coffee. It’s no wonder my mom contends that Tobias’ wife, Immaculata, died so young, barely fifty, of a heart attack.

Twenty-four hours after they buried Zia Immaculata, her body likely still cold from the ice they laid her on that rainy hot August day, passersby said they heard screams from the crypt where she lay. When the rain stopped and the ground stopped threatening to wash all the dead down the hill, it was said the cemetery groundskeepers opened Immaculata’s coffin only to find she had scratched her own face, in long, riverlike streaks of drying blood, from the sheer terror of realizing … she’d been buried alive. My narrator-parents relate this without the slightest touch of remorse, with that calm that comes from years of hard living. After all, it was people like her, who served chicken heads on feast days. She got what she deserved.

*

Dalle acque del parto, lei mi parla

La mia donna-fantasma cammina lungo il Calvario ancora una volta, su per la fine curva
della Via Nuova, dove la sera s’incurva calando.

Alla fine della strada, si china per raccogliere alcune cose immaginarie—
una benedizione, un uccello ferito, francobolli usati.

E lei continua a camminare verso l’effige intagliata
di Gesù il taglialegna, dalle stagionate braccia distese

verso gli arti meccanici del raccolto. Parecchi
ora scuotono alberi di fico, ulivi, etc.;

e io sento quell’odore acuto di limone.
Anche le mandorle, non mangiate, e sparse sul terreno polveroso,

indecifrabili nel loro metallico linguaggio resuscitato:
questo, Terra dell’Abbondanza, Piano di Grazia, campi avari.

Nella campagna bruciata e tra le stoppie, trattori
arano la terra, affamati del sapore della memoria.

Questa terra così vicina al mare dei pesci d’argento,
sardine nella prateria marina, tra bottiglie di vino tappate, a raffreddarsi.

Stasera lei è il mio fantasma più veloce, mercurio, il mio frutto della passione,
in una posa perfettamente impressa.

E se lei mi mormora, la testa inclinata, nella sua biascicata lingua in fuga,
Risponderò in un silenzio così disperato, che rinuncerebbe volentieri

alla propria voce smarrita. Stasera il suo messaggio è scritto nelle resistenze
del nostro villaggio sull’Appennino meridionale, ai confini della montagna.

Voglio scrivere il mio amore su di lei, recuperare il tempo perduto;
ingombrante ingessatura, agonizzante teca di promesse scarabocchiate.

(nuova stanza)

Voglio spedire me stesso, 1972, come un pacco imbrattato di moscerini,
verso quell’altro paese dove lei è scappata; il suo sguardo una cappa di candele che profumano di viole.

Quella bambina è elettrica nell’erba indiscriminata dei fianchi di lei,
denti di leone e cicoria sgorgano dalla sua bocca—

un balsamo per questa bambina—spettro infantile di mia sorella, straniera vendicatrice, che per sempre
si arrampica nella veranda al secondo piano della nostra casa.

Fantasma amatissimo, dalla botola di questo libro di fiabe, io sono pieno
di farina di semola e del tuo dolce clemente odore.

She Speaks to Me from Her Birthing Waters

My she-ghost is walking toward the Calvario again, up the curved end
of Via Nuova, where evening descends in curves.

At the end of the street, she stoops to pick up some imaginary fallen thing—
a blessing, an injured bird, used stamps.

And she keeps walking toward the woodcut effigy
of the Woodcutter Jesus, his weathered arms outstretched

toward the harvest’s mechanical limbs. Several
now shake fig trees, olive trees, etc.;

and I smell that sharpened lemon smell.
Almonds too, uneaten, and strewn onto the dusty ground,

indecipherable in their tinny, resurrected language:
this Soil of Plenty, Piano di Grazia, disparaging fields.

In the burnt and stippled countryside, tractors
plow the earth, hungry for the remembered taste.

This land so close to the sea of silvered fish,
sardines in the sea grass, among cooling, stoppered bottles of wine.

Tonight she is my fastest ghost, mercury, my passion fruit,
in a perfectly struck pose.

And if she mutters to me, in her head-cocked, heavy fugitive tongue,
I will answer in a silence so forlorn, she would gladly surrender

her own lost voice. Tonight her message is written in the resistances
of our Southern Apennine village, at the limits of the mountain.

I want to write my love all over her, make up for lost time;
unwieldy arm cast, agonizing trophy case of scribbled promises.

(new stanza)

I want to ship myself, 1972, a gnat-stained parcel,
to that other country she ran off to; her glance a mantel of violet-scented candles.

That child is electric in the indiscriminate weeds of her hips,
dandelions and chicory pour from her mouth—

balm for this child-toting specter of my sister, strange avenger, who forever
scrambles through the second-floor veranda of our house.

Beloved ghost, from this storybook’s trapdoor, I am heavy
with semolina flour and the sweet forgiving sweat of you.

*

Montecassino

Sollevato
al seppellire
Una stirpe di spiriti.
Sibilare

Tra le lapidi.
Chi cercherà
La valle del tabacco
Per te, mammarella?

Verso la discendente
Necropoli
Nessuna vecchia
Indica la via,

Lanterne a candela
& direzioni in vendita.
Sei proprio tu
In quella cripta, sotto

Le scale? Dissotterrato
Dieci anni dopo:
L’Italia, un paese piccolo.
Tre metri

Scatole
Ammucchiate
Ossa della fibula,
& le facce sorridono

Da ciondoli a forma
Di medaglione:
Incantevole in nero.
Pratico.

Montecassino

To outlive
A generation of ghosts.
Whistling
Through headstones.
Who’ll search
Tobacco Valley
For you, mammarella?

Toward the descending
Necropolis
No old woman
Points the way,

Lantern candles
& directions for sale.
Is that you
In that crypt, beneath

The stairs? Exhumed
Ten years later:
Italy, a small country.
Ten-foot

Boxes
Piled high
Fibula bones,
& faces smile

From medallion-shaped
Pendants:
Lovely in black.
Practical.

Tratto dal The Right Place to Jump, W. Michicgan UP 2012.


Fotografia di proprietà di Tucker Hollingsworth.