Paola Casulli – Due Inediti

paola casulliPaola Casulli nasce a Ischia ma vive tra le colline del Monferrato. Pubblica quattro raccolte di poesie: Mundus Novus, ed. Del Leone; Pithekoussai, racconti di un’isola, ed. Kairos; Di là dagli alberi e per stagioni ombrose, ed.Kolibris; Sartie, lune e altri bastimenti, ed. La vita Felice, 2017. Pubblica anche i due poemetti brevi Lontano da Itaca, ed. Pentarco e MitoGrafie, ed. Kairos. Il poemetto “Lontano da Itaca”, è stato portato a teatro a Verona, con coreografia della stessa autrice.

Paola Casulli
Due Inediti

È questo sedersi come nuvola
– spazio che coincide –
sulle nostre schiene impure
– le ali sui cardini sospese –
Questo è ciò che affama, in quell’aria scolorita dal sole
un orlo scucito in una vicinanza apparente.
E non lo sai mai con certezza
se saltare lo steccato o andare
a salti, giù per il ripido sentiero
semplicemente con la testa piena di stupore,
restare avvinghiata al fruscio delle foglie,
sentire sotto i piedi l’erba che circonda le caviglie,
che risale placida sul tuo ventre
mentre tutto ciò a cui tieni siede nel vecchio inverno,
spento delle litanie di una voce
che imita la pioggia con quel cadere giù, confusa, prima del risveglio
sono i sogni che annegano con le narici piene di muschio,
azzurrate in grigio-verdi
una notte dopo l’altra, in avvelenamento progressivo
assumiamo ridicole ali da cornacchia
indossiamo maldestri sguardi da combattere e dirci catene
ho visto quel filo grigio appeso al collo,
una sfilza di croci tra le mani
a chiederti. Con la bocca chiusa, perlopiù.
Senza mai smettere di pensare
– certe cose non sembrano vita mentre le fai –

*

Madre di tutte le terre di origine e forma
verrai a darci orme di un nuovo limite,
pietre bianche di sonni senza tormenti. E la linea degli orizzonti
risuona di un sapere acuto e stridulo
come la penultima umanità ammassata
sul vortice dello stesso grido.
Solo più silente. Stampato come ferita asciutta
sulla carne che non duole.
E poi ci sono le chiese
coi crocifissi a non mostrare la faccia,
chinati sui rombi di un pavimento tirato a cera. Ma dicono commiato, ugualmente
prima di volgere la mente
ad altre carestie. Ad altre pianure e terre
sventrate dai lutti e torri splendenti
di amnistie.
Questa guerra è la sola, unica sfera d’oro a rotolare giù dai fianchi.
A replicare morte senza medicamenti,
unica sfera d’oro a scendere a valle
senza sapienza. Senza bugia.
A tranciare teste per boulevard coi defunti da piangere.
E io dico la sventura è un poema da vivere.
E potremo salire sull’ultimo carro di stelle filanti senza farne
più parola.

 


Fotografia di proprietà dell’autore.