Oxilia e Fitzgerald, insospettabile fratellanza in un saggio di Patrizia Deabate

Patrizia Deabate

Il misterioso caso del “Benjamin Button” da Torino a Hollywood

Nino Oxilia il fratello segreto di Francis Scott Fitzgerarld

Centro Studi Piemontesi, 2020, pp.350, s.p.i.

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Si aveva nostalgia di saggi così appassionati nella scrittura e avvincenti nelle ipotesi. Patrizia Deabate, anglista, poetessa e storica del cinema, ci convoca per dar conto della sua ardita ipotesi di ‘fratellanza’ tra il poeta piemontese Nino Oxilia e il grande scrittore americano Francis Scott Fitzgerarld. Ci dice subito che non ci sono tracce documentali in cui Fitzgerarld ammetta espressamente i suoi debiti d’ispirazione verso Oxilia, poeta crepuscolare e cineasta, deceduto in trincea nel 1917 (né verso un altro giovane scrittore italiano, Giulio Gianelli, piemontese anche lui, poeta diventato però famoso come favolista e deceduto nel 1914). Fatto sta che l’autrice, dopo averci introdotto nella nascente arte cinematografica italiana degli anni ’10 e aver tratteggiato l’affascinante figura di Nino Oxilia – che si muoveva egregiamente tra regia, amore e poesia – porta sempre più indizi al mulino della sua tesi: Fitzgerard, pur non avendo mai incontrato Oxilia né mai avergli scritto, era a conoscenza del suo lavoro poetico e filmico e ne era rimasto profondamente colpito. Oxilia era stato colui che Fitzgerard non riusciva ad essere: sicuro di sé, affascinante, versatile, coraggioso. Ma se non era riuscito a imitarlo nella vita vera, avrebbe potuto imitarlo nelle scelte letterarie; ed ecco allora le tracce della poetica di Oxilia nei romanzi del giovane americano ed il fascino esercitato dal Futurismo italiano e dal fenomeno del divismo, nato in Italia col cinema muto, ben prima che sorgessero gli studios di Hollywood. C’era poi, tra il crepuscolarismo italiano e Fitzgerarld, “la comune ossessione per la giovinezza” e la verosimile eco, anche in America, della ‘Storia di Pipino nato vecchio e morto bambino’, scritta dal Gianelli (dice testualmente l’autrice a questo proposito: Pipino sta a Gianelli come Benjamin Button sta a Fitzgerarld. Il poeta “santo” e lo scrittore “prete mancato”). Ma la ricerca di Patrizia Deabate va oltre e analizza nel dettaglio le prime opere dello scrittore americano – Di qua dal paradiso (del 1920) e Belli e dannati (1922) – dando prova dell’utilizzo di un simbolismo narrativo quasi sovrapponibile a quello oxiliano. Ma il lavoro si fà apprezzare nel suo insieme, per i periodi storici e le atmosfere che ricostruisce, per gli ampi stralci di documentazione – specialmente dalle riviste d’epoca – e per la delicatezza con cui fa emergere i ritratti dei protagonisti (che sono, alla fine, almeno tre: Fitzgerarld, Oxilia e Gianelli). Questo lavoro ha vinto il Premio Acqui Inedito 2019 ed ha subito avuto, dopo la pubblicazione, autorevoli riscontri critici (Maurizio Crosetti, “Il fratello torinese di Benjamin Button”, Il Venerdì di Repubblica, 19 marzo 2021; Fabrizio Ottaviani, “E se Fitzgerarld avesse ‘copiato’ Nino Oxilia?”, Il Giornale, 19 marzo 1921; Roberto Escobar “Le origini di Benjamin Button”, Il Sole 24Ore del 28 marzo 2021).

Antonio Fiori