Ora si fa scostante: “Che vuoi dire

Ora si fa scostante: “Che vuoi dire
che non sia già stato detto in forma
di colori, di musica, di parole –
in forma di stella?
Parli della primavera, delle case
parli del pettirosso volato sul tuo balcone?
Parli del gocciare malva della notte?
Parole vuote.
Sanno riempire l’abisso, ne disegnano
i contorni, la profondità? No?
Quel che si dice reale
non risponde alle tue domande.
Non puoi afferrare il vento
il profumo del timo, le nuvole.
È neve assoluta
       non puoi scrivere questo bianco.
Vorresti ali e abiti il finito –
tenti di trattenere le parole
ma scivolano come onde del mare
si sgretolano in sillabe
lasciando punti e sbarre. “
I cancelli cigolano
mentre la stanza stringe le pareti
noncurante
la matita è spuntata
       non trova direzione, solo
stelle implose e
una luna tormentata.
Un tumulto di lettere, ricordi
di vaghi giorni. È tardi.
Tornano gli spettri del passato
(passato precipitato)
le luci di Parigi in primavera
le mura di Lucca
il frinire delle cicale
la verde risacca del mare.
Torna mio padre
con il basco nero
e una stella in tasca.
Quel che sono oggi
(sera scesa, è tardi)
è fatto di spettri

di tempo scomparso