Quando videro quelle gocce rosse
ad annunciarmi tra le donne,
i miei genitori mi barattarono,
per far tintinnare le tasche.
E le pareti si trasformarono
in un carillon d’incubi.
Gelavo alla luce dei soli,
mi scioglievo a lune insonni.
Avvolta dal terrore fissavo quella porta…
Terremoto nelle interiora, ad ogni bussare,
nel vuoto mi faceva crollare…
Bianca e di pietra, come morta.
Non bastava chiudere gli occhi,
trattenere il fiato, sognare di ballare
in un mondo che non esiste ancora.
Il tempo infinito era scandito
dal loro ansimare, da quei ruvidi tocchi,
dall’assordante sussurro di ogni parola.
E lavandomi mi sentivo un’ombra sporca,
non riuscivo a grattare via i loro odori.
Signore come posso baciare
quelle mani di rovi, onorare
chi mi ha rubato al profumo dei fiori?