Ode al capello andato

Oh, capello, chissà quando sei caduto,

ti ho tra le dita, giuro che ti avrei salutato.

Forse abbracciato, per lo sconforto e l’accaduto.

Oh, capello, c’è qualche tuo fratello che soffre come te?

Ti abbraccio, ti tengo meticoloso sul mio petto,

proprio un attimo, prima di andare a letto.

Averti avuto sul mio capo è stato un privilegio,

ma perché – tesoro mio – ora te ne sei andato?

Bioscalin, pastiglie, fiale, sciampi,

farò di tutto affinché il genocidio non si ripeta,

capello mio, che sei, fatto di seta?

O la tua è una matura scelta di martirio?

Chissà cosa ti ha ferito,

forse gli anni in cui ti ho legato al mio codino?

O le volte in cui ti ho affogato in cera, lacca e gel?

Capello mio, io ero inconsapevole e distratto,

e come con i miei amori, bel, non ho colto il tuo disagio.

Capello mio, torna, giuro ti tratterò meglio.

Niente percosse e strattoni nei nostri giorni.

Giuro sarò delicato come una pennellata di Klimt,

credimi, ti prego, perché non torni qui?

Se sarà necessario, partiremo insieme,

per meglio rinsavire la relazione tua e mia

ti porterò in Turchia tra le antiche rovine di Smirne

lì c’è un vecchio amico che trapianta amori e sogni.

Cosa c’è, non ti aggradano più i miei colori?

Marrone, biondo cenere o miele di castagno?

Giuro per te io mi cambierò tutto, tutto intero –

Ma quale cuore, sarai tu il re egemone del mio impero.

Capello mio, son qui a terra che piango disperato.

Dammi un segno quantomeno che mi lasci entusiasmato,

capello mio non sei più tu quello a cui avevo dedicato tutto

sei un altro e un altro ancora e io un uomo distrutto.