Nostalgia

Ancora rido

pensando alle battute che avrei fatto con te, anzi per te, per il tuo sorriso,

per quel guizzo madreperlaceo che rimbalzava come una scintilla dorata nei tuoi occhi

e di lì accendeva i miei, come i pesci trasparenti che illuminano gli abissi.

 

Mi manca

la sfida al buio,

la sfida al mio letargo e al mio umorismo sprofondato che solo tu sapevi lanciare

e ritorcermi sotto pelle come una scossa galvanica che riavviasse per risonanza il mostro

 

morto dentro.

Sembra passata un’eternità,

mentre è solo la strada che da Caserta mi riconduce a casa dopo la terza infruttuosa serata

trascorsa in compagnia dell’ennesima squinzia di Tinder che non è bella e non balla.

 

Che sto facendo, ahimè, non so neanche io che voglio…

Anzi lo saprei pure, adesso, credo.

Su queste chat spesso ti chiedono, con la vocina stridula del fare inquisitorio: – Che cosa cerchi? –

Scopare, almeno – sarebbe la risposta sincera… Cerco quello che non so chiedere, forse.

 

In verità, però, cerco qualcosa che ti assomigli, l’ho capito stasera,

anche solo pallidamente, un riflesso, un’imitazione,

io ti ricerco in tutte le ragazze che sto incontrando,

ma è così rara la chimica lontano dal laboratorio dei tuoi baci.

 

Fuori di te, il mondo è uno specchio che non riflette;

e quanto più i miei occhi si sporgono a cercarsi nei volti altrui, tanto più non vengono visti,

e in un’amara invisibilità si rovesciano stanchi dietro le palpebre,

nel laghetto del terzo occhio, rifugio del narciso incompreso.

 

Quei giorni sono andati,

e io cerco soprattutto una congiunzione che copra sotto uno stesso segno

il me di allora, così speranzoso di aggallare e rivedere il sole,

e il me di adesso, rifratto, spezzato, svenuto sotto le onde del malessere.

 

Quanta forza ti dà l’amore!

Quanto ossigeno dona ai tuoi polmoni!

essenziale poi se ti arriva durante una pandemia causata da un virus

che attacca le vie respiratorie, e tu ti senti raddoppiato da chi ti sta accanto mentre gli altri arrancano.

 

Mi sto giocando le ultime bollicine d’aria, quaggiù…

Le vedo fuggire via precipitosamente verso la superficie

e le osservo, con gli occhi socchiusi e un mezzo sorriso,

come un bambino che apra la gabbietta, triste di non possedere più il passero, lieto di liberarlo…

 

Non ti ripenso con rancore, cara Lucy,

solo con nostalgia,

per ciò che poteva essere

e invece è stato.