Nella sala d’aspetto, bianca,
l’ordinaria desolazione
si riversa, raggela.
Uno sbattere di porte,
passi concitati e voci e grida
che ordinano, vogliono catalogare
tra i varchi del giorno
un tempo ripetuto.
Fuori la luce si sta davvero
levando senza tregua
ma stenta a strappare dagli angoli
il buono delle cose
a dare un volto al bambino che cade
e poi guarda, da terra, con gli occhi spalancati.
Tu qui, oggi, sospinto in chissà quale stagione,
non trovi anestesia
a quanto è alle spalle e ti sfiora
a quanto, di solchi e sassi, chiedi
ti sia ancora concesso oltrepassare.