Monia Gaita – Due inediti

monia immagine per Eleonora RimoloMonia Gaita è nata a Imola (BO) il 7-11-71 ma vive da sempre a Montefredane, paese d’origine in provincia di Avellino. Giornalista e critico letterario, ha all’attivo le seguenti pubblicazioni: Rimandi(Montedit-2000), Ferroluna(Montedit-2002), Chiave di volta(Montedit-2003), Puntasecca (Istituto Italiano Cultura Napoli-2006) , Falsomagro(Editore Guida-2008), Moniaspina(L’Arca Felice-2010), Madre terra(Passigli-2015),libro, questo, che ha ottenuto il Premio di Letteratura allo Spoleto Art Festival 2016. Diverse le antologie che si sono occupate della sua poesia. Collabora a “Il Quotidiano del Sud” e a importanti riviste web e cartacee. La sua scrittura si connota per un uso libero della lingua che punta a coniugare lessemi ricercati e parole attinte al quotidiano in originale mescidanza. E’ direttore editoriale di Delta3 Edizioni. Porta avanti nella sua Montefredane, con la Proloco che presiede, il Premio di Cultura “Oreste Giordano”, volto a valorizzare eminenti personalità del mondo giornalistico, della poesia, della scrittura, dell’arte e della scienza.

Monia Gaita
Inediti

“Ho consegnato”

Ho consegnato copie diverse di me stessa
in base al ruolo, al contesto, all’occasione.

L’originale la custodisco per me sola,
per questo cielo dal cuore basso e costernato,
per questo sole che annoda trecce al corpo dei noccioli.

Ho consegnato copie diverse di me stessa
per decompormi senza nome
nelle raffiche del vuoto,
per sgominare la paura di esser viva,
la silenziosa scorta delle fragilità.

E ora che i miei doppi tamburano i secondi
vado bevendo il vizio a sorsi lunghi
come un’acqua.

E inutilmente cerco quell’io usurpato
già troppe volte estinto
che ha seppellito il vero dal suo guscio
nella fossa.

*

Montefredane

Le nuvole sfilano
col bianco che ciondola stordito
contro i rami.

In fondo alla tasca dei noccioli
c’è un segreto;
spunta come un colletto di camicia
dal polso dei balconi, delle lucertole rapaci,
dei vuoti di memoria delle scale.

A volte la campagna radicante manda un grido,
senza clemenza s’intrufola fra i muri,
tocca la curva delle voci dei bambini
con le dita.

E scivolare via dai buchi del distrutto
è partorire dal tuo corpo un altro tempo,
è rovesciare la traversa delle assenze
lungo i tronchi,
è rivestire il sottobosco del rimasto
con quattro guaine impermeabili di forza
alla tempesta.


Fotografia di proprietà dell’autrice.