Gambe stanche, si trascinano doloranti
lungo i sentieri polverosi di questa deriva.
Scarponi che arrancano, mentre levano
nuvole di polvere arida al loro passaggio.
Troppo meschino è l’uomo, disperata
e nauseabonda la vita per un’anima fragile.
Al bordo dell’insensato paesaggio, un fiore temerario,
coriaceo, non di bellezza la foggia ma determinato alla vita.
Un incanto in questa piana desolata e desolante, l’istinto
naufrago della natura mostra sé al mondo.
Un vagito, la nascita inaspettata, il viaggio,
poi, inevitabile, la morte che tutto trasfigura.
Nel tedio, nel respiro affannato, nell’incertezza
dei giorni, una visione celestiale, improvvisa.
Trascina il mio desiderio un angelo lucente,
dalle grandi ali, apparso in mezzo al deserto,
distende la superba mano a me, meschino.
I capelli corvini emanano un bagliore intenso,
due fanali scuri come la notte, riflettono la sua
immensa dolcezza, l’imperturbabile sicurezza.
Perso in quegli occhi sento il focolare della sua anima,
sprigionato dai mille Soli che ardono dentro lei,
un calore che si scioglie in amore patologico e passionale.
Il mio Salvatore! Il mio diletto! Basta
quello sguardo penetrante, fino in fondo
al pozzo della desolazione, a risollevarmi;
perché l’universo si fermi in un istante eterno,
perché quella dolcezza sia fonte di sollievo
al tormento, con cui potersi copiosamente dissetare.
Poi quell’angelo celestiale allunga la mano,
con fermezza impietosa mi leva le maschere che,
irresponsabile, porto, mentre fiero mi accompagna.
Davanti a me scorre tutto il tempo della solitudine
e del dolore, improvviso, svanisce per incanto.
Avvolto nelle sue calde ali cammino in pace,
per le strade del mondo, ora un posto migliore!