Conviene che te lo dica subito
prima che ne passino altre di serate così
con te stesa sul braccio sinistro,
il tuo petto che fa sistole
e il mio che ti risponde a diastole:
mi mancherà fra qualche anno
questo tuo chiedermi una storia
le zucche parlanti, l’uccello che vola
e l’amica sirena che canta con gli occhi rossi
e i capelli verdi; e il mio scivolare apposta
sulla vicenda di Pinocchio, tu che mi correggi
e dal tuo castello sul divano indichi
la lezione giusta, da bimba filologa.
Quanto passerà da questo tuo menare a dito
i nomi delle dita e quello dei giorni,
l’esercizio delle stagioni e dei colori ripassati,
i tuoi oh sospirati sotto un bosco
e tu dici il sole che è andato a dormire
e la luna che ancora non arriva?
Che fine farà il rincorrerti dietro casa,
il chiederti la manina che serve a tutelare te
e a proteggere me, a sentire dentro di me
che invecchio verso il tramonto
mentre tu sorgi di un’alba nuova,
una splendida mattina tutte le mattine?
Chi ci ricorderà il nostro mangiare a tre
la mamma che si dispera ai tuoi capricci
ma poi ti bacia e riempie di complimenti
e tu vinci anche stavolta e fai il sorriso
di chi ha vinto un’altra battaglia
di bambole che battono i soldati?
Mi mancherà il tuo chiederci fuori pasto
ogni mezz’ora tre quarti massimo
un sorso d’acqua che è bere continuamente
alla vita che passa e ti attraversa
al turbine di una nuova scoperta
che è parola arruffata, sguardo spalancato
la terra di vulcano dei tuoi occhi
che cresceranno, senza mancarmi mai.