(In memoria di Giancarlo Siani)
La vita di un cronista valeva un titolo di spalla e quattro colonne di piombo
(Daniela Di Crescenzo)
C’era il profumo maturo della gioia
sull’orlo di un bicchiere di meraviglia
quella sera di settembre
quando mi fermarono l’anima
ad un respiro da casa.
Io mi rivedo con il viso riverso
sul petto di Dio, il battito sospeso dell’universo
a sfiorarmi la fronte come
i polpastrelli della mia Olivetti
l’epidermide di un foglio e nelle tasche
la voce gualcita di Vasco.
Poi furono solo grida a squarciare
l’odore acre degli spari e una liturgia di lacrime
come la canea genuflessa della rugiada
sul ciglio imperfetto di un petalo
e solo il mio silenzio una corsa a perdifiato di echi
a rincorrersi in un’urna d’infinito,
il computo dei miei pochi anni
un articolo di spalla lasciato in sospeso.
E ci voleva coraggio, ogni giorno, e un sogno da realizzare
per consumarsi le suole cercando,
al di là di una terra di frontiera, la verità.
E ciò che rimane sono solo il verde vivo
della mia Mehari, una tessera di giornalista
cucita sull’anima e un’ Albachiara passata sulle frequenze
delle mie sclere.
Ma ricordatemi così con quel sorriso infinito
che mi porto dentro mentre mi affaccio sull’immenso
dando fondo alle scarpe della mia eterna giovinezza
ogni volta che dalla scrivania di questo firmamento
compongo il mio articolo più bello.