© Fotografia di Martina Santospirito

Matteo Camerini – Inediti

Matteo Camerini (Matera, 1999) vive oggi a Bologna, dove sta per laurearsi in Scienze Filosofiche con una tesi sul concetto di infinito attuale nell’Etica di Spinoza e nella Teoria degli Insiemi di Georg Cantor. Collabora con l’ICSS – Sive Natura (UniBo) e con il Laboratoire SPHere (Paris Citè – Sorbonne). Tra le sue pubblicazioni, i volumi collettivi “Canto all’Ofra” (2021) e “Al bivio. La giovane scalmana di Rocco Scotellaro” (2023) con Giuseppe Palumbo, Mario Cresci e altri. Alcuni suoi racconti e poesie sono apparsi online (Nazione Indiana, Quarta Corda, Blam, Versante Ripido). Nel 2022 esordisce alla regia con la performance teatrale Gilgamesh (NRF festival), con il collettivo Ferula. Ha collaborato con Amnesty Italia e trascorso alcuni periodi di volontariato nelle baraccopoli di Nairobi e Lusaka.

 

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Dalla raccolta inedita Metafisiche Minori

 

Malìa

 

Ha la stessa luce di una casa,
questa luna.
Malato e secco è l’ulivo sulla strada
ed il verme che lui cova, io lo porto
su una scarpa, verso gli altri.

Io non voglio, ma il volere
è una cosa delle piante:
l’animale che si sposta porta vermi,
come un mare gioca sabbie sulle rive.

Il medico mi dice
che di notte stringo i denti nella bocca,
per dargli forme lisce e regolari,
che il loro stampo originale non si addice
alla morsa dei canini sui molari.

Io non posso, ma il potere
è una cosa degli svegli:
l’animale addormentato serra i denti,
come un mare morde rocce sulle rive.

Mi chiedo se le cose abbiano forme
più simili alle lune che alle case,
più simili agli ulivi
che alle strade.

 

*

 

Risvegliati domani

 

Risvegliati domani,
non oggi.
Quest’oggi è tardi
per farsi scassinare gli occhi
dalla luce.

Il Visibile non è
puntuale come credi.
Apparire e porre termine alla notte
è una Sua scelta
libera, ricordi?

Non vedi questo prato
di olivastri, arsi
da invisibili germi
virali, invidie di esistenze
monche?

Non vedi che il cemento
s’impone al minerale
e lo sovrasta piano,
livellando quella terra irregolare
per farne una prigione?

Non vedi l’orizzonte
quant’è vicino a questo letto
e che sono qualche metro di una strada
già lo ferma ad un palazzo?

Non vedi come tutto sia nascosto
e che il risveglio
non è l’occhio
aperto dentro il giorno
ma una nebbia?

Dormi
Non è oggi
Il giorno per vedere

 

*

 

Matera

 

Tra l’anfratto e l’abisso ti attende
un carnevale di roccia e una sola
cattedrale di lava.

La loro anima antica ora tace,
ma nel fulcro di fuoco silente
immobile forma un messaggio
in idioma di pietra.
Mi dice: «io ero, io sono,
io danzo l’ossigeno fragile
per giungere eterna da te.

Vorrei donarti il silenzio,
la musica zitta che suona
tra queste pareti e non posso.

Chissà che non possa parlarti
una conchiglia che odora di mare».

 

*

 

Dopo il mare

Con quanta grazia
si posa a terra il corpo
dopo il mare,
esausto, ringraziando.

Sulla pelle nuda spente
le tracce minerali di quel pianto
evaporato. Reperti
in controluce, secchi,
visibili come un dolore muto
dentro alle pieghe delle mani:
ruvidi, perché le Cose Lisce
non sono più possibili da tempo.

Accéttati – è imperativo,
dopo quel mare – accéttati
perché la sabbia ha la tua forma
e anche l’aria accoglie
ciò che sei nell’interezza.

Soltanto tu rifiuti
che il corpo tuo è posato
dove deve essere da sempre.

Soltanto tu non sai
che la lente del soldato Galileo
s’è poggiata sulla Luna e l’ha svelata:
Lei, fatta per esser-senza-macchie non lo è,
perfetta.

Neppure nell’ardente empireo
esiste il puro bianco.
Dunque, accogli i nei,
disegnane di altri sulla schiena
accetta il nero
e testimonia che anche tu
sei un’imperfetta Luna.

 

 

© Fotografia di Martina Santospirito