© Fotografia di Alessandro Canzian

Matteo Bianchi – Inediti

Matteo Bianchi (Ferrara, 1987) si è specializzato in Filologia moderna a Ca’ Foscari sul lascito lirico di Corrado Govoni, sul quale ha curato l’Annuario govoniano di critica e luoghi letterari (La Vita Felice, 2020). È giornalista e libraio. Scrive per “Left” e “Il Sole 24 Ore”, è redattore di Pordenoneleggepoesia.it e dirige il semestrale “Laboratori critici”. Ha pubblicato le raccolte Fischi di merlo (Premio Turoldo, Edizioni del Leone 2011), L’amore è qualcos’altro (Empirìa, 2013), La metà del letto (Premio Metauro, Barbera 2015) e Fortissimo (Premio Maconi Giovani, Minerva 2019). Suoi versi sono apparsi in diverse antologie, così nel Quadernario (a cura di M. Cucchi, Lietocolle 2016), e in rivista su “Nuovi Argomenti”, “l’immaginazione”, “Cenobio”, “Gradiva”, “Función Lenguaje”, “Bloc notes” e su Leparoleelecose.it

 

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Da Periferiche

 

«Era umido e ammuffito,
uno schifo. Dormivo per terra,
su un parquet al secondo piano,
un materasso costava caro.
Quando ho creato la Gioconda,
è stato tutto diverso».
Vivevi dietro Père Lachaise
e vedevi oltre il suo muro di cinta,
in rue du Repos – via dei Riposi –
sarcasmo del caso.
Le statue degli angeli
di guardia cambiavano volto
a seconda dell’ombra, le nubi.

 

*

 

Di solito era la tua paura
a portarsi dentro ogni speranza,
i semi di una vita più pura.
A meno che non fosse timore di te,
che ti obbligasse a ripiegarti
a una mera sopravvivenza.
«O trascendenza o morte
nei ritratti sulle lapidi:
che l’affetto la spunti, oramai,
dipende solo da chi li guarda».

 

*

 

Sotto il lampadario sbilanciato
del nostro inverno francese
mi stupiva il luccichio
di una pesca sul tavolo
trasandato più della fruttiera
di finta porcellana.
«Sarà per gioco – canticchiavi –
che ti salverò sul bordo»
materno
di una natura morta.

 

*

 

«Ho fatto l’amore con lei per due settimane.
Nella stessa camera in cui mangiavo
e appendevo le passioni a un filo:
abiti bici valigie,
addobbi di natale, crocifissi.
Sullo stesso fradicio parquet.
Tanto eravamo fragili
da doverci unire, era l’unico modo.
Lui non c’era, era in vacanza.
Il suo assurdo umorismo inglese
ora non c’è più e mi manca».
Sistemate i costumi di strada
nella sacca, tornavate a casa.
Una doccia rapida e bollente.
Aprivate un tavolino pieghevole
vicino alla finestra larga:
due seggiole, il pane abbrustolito
col paté e un po’ di cioccolata,
prima che tornasse dal viaggio
la solita Parigi indaffarata.
Ridevate nel gioco delle ombre
a lume di candela.
L’avevi conosciuta troppo tardi,
ma bisognava che l’amassi
di un amore da turista,
almeno una volta. Dimenticabile.

 

*

 

Quando tutto dipese
da una sola parola:
«Ho sperato che il ghiaccio
non succedesse alla neve».

 

 

© Fotografia di Alessandro Canzian