Mark Bedin – Inediti

Mark Bedin, nato a Vicenza il 05/03/97. È operaio presso una acciaieria. Ha pubblicato: il Fallout degli dèi (Rplibri, 2020); Reportage clinici (Nulla die edizioni, 2021).

 

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Dalla raccolta inedita Reportage clinici. Parte seconda. 

 

I.

 

V’è forse una rimanenza tra le acque
sorgive; l’esimia solfa o sinaptica sindone
nell’artificio di un lapsus a evidenziarne
una picaresca rimozione in un refrain impastato
                                          dal rigor mortis.

– l’iter un habitué –. Predare, orbi,
l’onta piaga che s’ingorga in sovraccarichi
reprobi è un effimero rastremare l’acme.

 

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II.

 

Nella mancanza di un apoftegma,
                                          là, ove percola,
dall’onfalo miroblito, l’olio – forse lo si cerca un perno –,
si progettano androginie e eucaristici sacramenti.

E pur nell’intreccio l’orme subacquee
in precarie fibrillazioni per far perderne l’odore.

              Conviene risparmiare decaloghi e hybris.
Allora che si proceda per apofantiche sentenze
                            tra le crepe rinsecchite.

 

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III.

 

Non secerne simbiosi,
tra i vicoli una vacua effigie;

                            lo si tenti l’innesco,
esuli, ponendo l’oculare col cruccio
della leukós-kóre sgranata dalla cecità
              in un caotico primordio
esordire
dello stigma al quale far corrivo sacramento.

 

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IV.

 

Nel solco della folgore la misura integrale
                            di ogni insufficienza.

La liturgia è una leccare
la porosità dell’ostia per ordire all’herpes.
Pur per le stremate ali, l’uropigio,
              a secernere, per riparo, oleoso liquido, è negato.

Non svincolano sciroppi neoterici:
grappoli in pletorico nitore rifulgono
scostandosi dal lignaggio
                            o genetliaco compunto
salvifico.

 

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V.

 

Carpire le scorie per pervenire alla superficie
cospirando l’interlocutore
                            – sveltire le innocenze –,
poiché non si corrompono inganni nell’intreccio
d’esperiti angeli, i quali, con groppi ai polpastrelli,
compatiscono scorsoio cordame realizzato con l’intestino di capretto
in strisce ritorte insieme: pongono al capro espiatorio
scalogna cosicché niente giunga a conclusione.

Ove vengono rilasciate epopee,
nella loro cricca di grinze che inerte s’incrina stipata
                                          e s’infervorano malfatte eversioni,
residua probabile reperire l’equivoco sostanziale.