Ma il mare non ha pietà

«Gli dei sono abitati dal dolore

oppure sono felici eternamente?»

si chiedeva Achab piagato dall’insonnia. «Quel marchio stampato sulla nostra fronte di tristezza, non è che la loro impronta»

fra sé e sé rispondeva.

E Moby Dick dallo sprofondo mare: «Una spanna oltre gli sconfinati mondi c’è la colonia penale dei sospiri

dove anche le mie urla otterranno asilo. Come quei cieli di marzo senza pace che disperano l’arrivo dell’estate».

«A fine viaggio troveranno ristoro» delirava Achab «le nostre anime ossesse per le loro immedicabili ferite:

vedremo gemelle le nostre due morti specchiarsi in mezzo ai flutti.

Nel simile il simile trova sostegno».