La mia ostinata solitudine mi rende uno snob socievolissimo.
Di base, con presuntuosa autoreferenzialità, guardo tutti dall’alto verso il basso,
ma poi solo non ci so stare, ci sto male alla lunga, e allora mi butto nel primo appuntamento,
dico sì a qualunque caffè, passeggiata, cinemino, aperitivo,
perché è solo l’ora d’aria che ti libera dalla prigione, tanto fuori non si esce.
Essere nel discorso insieme a qualcun altro mi distrae dai miei tragicomici non sequitur,
che sulla mia mente incombono come una cappa di smog, quando il cielo è grigio e sembra che ti cada addosso,
o come una nuvola fantozziana al contrario, che piove sempre dentro appena gli altri vanno in vacanza.
Certo, sono ancora un incorreggibile gaffeur,
del tipo che faccio battute discutibili al momento sbagliato,
su persone sensibili o temi delicati, che sarebbe meglio affrontare con un’altra empatia,
se solo me ne fottesse un cazzo.
E l’incontinenza del mio appetito
mi ha portato troppe volte a fare la questua per gli avanzi degli altri commensali,
mentre l’etichetta vorrebbe che io desideri solo quello nel mio piatto,
ma se mangi troppo piano la tua è una provocazione e il bon ton è l’esaltazione dell’ipocrisia.
Camminare in compagnia è a volte ancora un problema,
specie se ci conosciamo poco e i tuoi ritmi mi sono ignoti,
o se piuttosto sono in uno dei miei fantastici giorni da selenita
e ci metto un po’ ad atterrare su questa terra, sotto l’atmosfera.
(Ora che ci penso, anche quando cammino da solo sono un problema per gli altri.
Mi avvicino troppo alle persone davanti e le tallono con un gegenpressing degno di Jürgen Klopp,
sembra che voglia rubargli la palla, ma in realtà so solo gestire male le distanze,
il che diventa increscioso quando mi imbatto di sera in qualche ragazza solitaria).
Ah, la mia miseria mi dà le vertigini!
Sono un vecchio bambino selvaggio cresciuto e diventato post-giovane!
Ho saltato l’asilo dei rapporti umani, l’ABC delle relazioni sociali,
e ora mi ritrovo dietro una cattedra di Poesia a dover dare lezioni d’amore!
L’amore, l’amore! Proprio l’amore su cui ne so meno di tutti!
ché ho piluccato solo rapporti smozzicati e insipidi, mentre aspettavo il sapore del sangue,
un po’ come se vai in un agriturismo in Toscana e ti prepari a una bella fiorentina,
ma poi ti cacciano dopo averti servito appena un cestino del loro pane senza sale.
E così, dopo il secondo (o terzo?) amore smozzicato,
mi ributto in strada come un palloncino in un roseto, pronto ad essere bucato,
mi ributto fra le donne come un elefante in una cristalleria,
pronto a fare danni e a non sentire le schegge.
Mi rimane l’ora d’aria e il vento tra i capelli.
Nello specchio sono croce, nel tuo sguardo forse piuma,
sradicata monade libertaria che vaga capricciosamente attraverso la vita
come controparte dell’altrettanto capricciosa e sradicata monade borghese.