© Fotografia di Corbis / Corbis via Gettyimages

Langston Hughes, “Queer Negro Blues” (Marco Saya Edizioni, 2023)

Nota a cura di Luca Cenacchi, introduzione al testo e traduzione di Alessandro Brusa

Le « chansons vulgaires » di Langston Hughes

 

Queer Negro Blues (Marco Saya Edizioni, 2023) raccoglie le prime due raccolte pubblicate dal poeta: The Weary Blues (1926) e Fine Clothes to the Jew (1927). Alessandro Brusa, curatore del libro, decide di tradurre quella parte dell’opera di Hughes talvolta lasciata a piè di pagina e in un’articolata quanto ben documentata introduzione argomenta le ragioni dell’audace titolo, il quale ben contestualizza i testi di questa antologia all’interno del panorama culturale dell’Harlem Renaissance. Hughes interseca nelle sue chansons vulgaires il concetto di New Negro, il blues il jazz e rappresentazioni queer. In questo articolo ci si occuperà principalmente della rappresentazione dei night club di Harlem e in che modo essa possa essere letta come una vera e propria “eterotopia blues e queer”. Per chiarezza espositiva si riporteranno le traduzioni delle poesie citate nei paragrafi e in calce all’articolo il testo in lingua.

 

Regolamentazione della vita notturna durante l’Harlem Renaissance

Le rappresentazioni queer presenti in questa antologia dei night club di Harlem differiscono notevolmente dall’immaginario odierno: i testi stessi, infatti, non descrivono apertamente la queerness dell’autore, ma al contrario tendono a dissimularla lasciando il tutto, o quasi, all’interpretazione. Pertanto non ci sono elementi probanti sull’orientamento effettivo di Hughes e questo è ancora territorio di speculazione. Tale elemento però, come rimarca Brusa stesso, è irrilevante poiché lo statuto di queer di questi luoghi ha una motivazione prima di tutto storica: infatti i night clubs coinvolgono un bacino di utenza estremamente diversificata per orientamenti sessuali, costumi ecc… e proprio per questa loro eterogeneità sono luoghi che hanno visto una severa regolamentazione e soventemente subivano incursioni della polizia.

Il provvedimento più importante a danno di questi spazi è la normativa statunitense??? del 1907 che interdiceva l’attività dei night club oltre un orario specifico. Infatti l’after-hours notturno ad Harlem poteva essere il lasso temporale in cui si espandevano i limiti della socialità tradizionale e pertanto divenivano centri di tolleranza per la cultura LGBTQI+, la quale si mescolava ad altre realtà come quella criminale. Come riporta Shane Vogel, a molti di questi locali veniva revocata la licenza a causa di una sorta di oltraggio alla decenza: «In una lettera al commissario di polizia, in cui lo informava del cambio legislativo, il sindaco dichiarò: “Le persone che frequentano questi luoghi dopo l’orario di chiusura non sono di norma persone rispettabili. Sono volgari, rozzi e spesso apertamente immodesti. Si ubriacano, si comportano in modo chiassoso e si abbandonano a balli lascivi in sale dedicate a tale uso. È ora di porre fine a tutte queste orge volgari. Ho revocato tutte queste licenze a partire dal 1° aprile prossimo”. L’una di notte divenne nota come “ora di Gaynor”; di frequente si sentivano storie di gestori e avventori che sfidavano la polizia e che venivano allontanati con la forza.»[1]

Questa specifica direttiva storiografica aiuta quindi a mettere in prospettiva i vari elementi disseminati da Hughes all’interno di alcune poesie presenti all’interno di questa antologia e a comprendere come l‘autore unisse l’ondata New Negro alla queerness dei locali di Harlem rappresentando pertanto all’interno delle proprie chansons vulgaires (canzoni volgari) un’eterotipia blues e queer.

 

Le “canzoni volgari” di Hughes: l’eterotipia dei night clubs

Il night club delle poesie di Hughes, quindi, non è solo l’ambiente in cui la socialità queer emerge, ma essa è inserita in un ampio “ecosistema” notturno dalle complesse dinamiche. Questo rende i locali di Harlem una vera e propria eterotipia di deviazione secondo la definizione foucaultiana dell’omonimo saggio: spazi differenti […], luoghi altri, una specie di contestazione al contempo mitica e reale dello spazio in cui viviamo. Queer Negro Blues, per l’eterogeneità intrinseca di questi ambienti, è un insieme di “canzoni volgari”, come le definisce l’autore, di grande eterogeneità. Infatti la figuralità naturalistica – quasi da egloga – tipica di alcune poesie per descrivere le spogliarelliste (Nude Young Dancer) viene affiancata da altri componimenti dal tono cronachistico, i quali descrivono la drammaticità della vita delle sex workers africane del primo Novecento (Young Prostitute).

 

Giovane ballerina nuda 

Sotto quale albero hai dormito nella giungla,
Notturna anima danzante nell’ora più confusa?
Quale immensa foresta ha steso il proprio profumo
Che come dolce velo sul tuo giaciglio riposa?

Sotto quale albero hai dormito nella giungla,
Tu nera come la notte e dalle anche vivaci?
Quale livida luna ti è stata madre?
A quale candido ragazzo hai offerto i tuoi baci?

 

*

 

Giovane prostituta

Quella sua faccia scura
È come un fiore appassito
Su di uno stelo spezzato.
Quelle così vengono via a poco ad Harlem
O almeno così si dice.

 

L’eterogeneità, tuttavia, non è il solo risultato dell’unione dei molteplici tasselli con cui Hughes fornisce un’immagine di Harlem, ma, coerentemente con il saggio foucaultiano precedentemente citato, il night club è anche il luogo in cui le barriere della società diurna vanno a cadere, permettendo l’interazione di molteplici tipi sociali. Pertanto, oltre al loro intrinseco statuto contestativo, questi luoghi raccontano – anche attraverso personaggi – la vita del tempo senza censure, o quasi. Questo dettaglio acquisisce ulteriore rilevanza se si pensa che le leggi Jim Crow (1870-1964), che prevedevano la segregazione razziale nei servizi pubblici e passate alla storia col motto separate but equal [separati ma uguali], erano ancora in vigore.

 

Ballerini Negri

“Me e il mio amore
Abbiamo un po’ di modi,
Un po’ di modi per ballare Charleston!”
Da, da,
Da, da, da!
Un po’ di modi per ballare Charleston!”

Luci soffuse sui tavoli,
Musica allegra
Delinquenti dalla pelle scura
In un cabaret.

Amici bianchi, ridete!
Amici bianchi, pregate!

“Me e il mio amore
Abbiamo un po’ di modi,
Un po’ di modi per ballare Charleston!”

 

Raccontare la vita senza barriere, però, significa anche farne emergere la complessità e soprattutto la contraddittorietà; per questo, in Queer Negro Blues, immagini ricorrenti come la notte e il rapporto tra l’autore e gli altri afro-americani è spesso ancipite, come ad esempio in Mulatto (o High Yellow, nella versione inglese).

Il night club, quindi, anche in relazione al contesto storico-politico del tempo, si impone come spazio altro non normato, in cui le divisioni della vita diurna venivano totalmente ristrutturate.

 

Alcune osservazioni sulla queerness dell’antologia: la wilderness marittima

Come si anticipava inizialmente, la queerness dell’autore è stata ampiamente dibattuta e le aperte rappresentazioni letterarie che egli ne dà (poesie come Café: 3 a.m. o la descrizione del ballo in drag nella sua autobiografia oppure il racconto Blessed Assurance sul rapporto tra un ragazzo omosessuale e suo padre) sono successive ai testi riportati in questa antologia. Come il traduttore, però, fa notare: «Nei testi di Hughes, così come in quelli di McKay, di Cullen e ovviamente di Nugent, il desiderio omosessuale è spesso nascosto o mistificato.»[2]. Questo era dovuto alla persistente omofobia della comunità nera tutt’ora perdurante, come testimonia Michael L. Cobb che: «non esita a dare la colpa alla forte omofobia presente, ora come allora, nella comunità artistica, e non solo di colore; si veda, ad esempio, ancora ai giorni nostri, l’omofobia presente nei testi di numerosi artisti neri».  Brusa, pertanto, osserva come Hughes ed altri, soprattutto nei primi lavori, avrebbero tutti ereditato il topos whitmaniano dei loving comrades per celare la propria queerness. È interessante notare che molte delle poesie in questione (Long-trip, Boy, Water-Front Trips Port Town ecc…) connotino il mare come utopia (Water-Front Streets) oppure come luogo selvaggio/incontaminato connesso ad una pulsionalità vitale, giocando sulla polisemia di wilderness  e sull’ambiguità intrinseca di verbi come dip, dive, rise e roll all’interno del componimento, che rendono le descrizioni metafora tanto dell’amplesso quanto della burrasca, per non parlare dei verbi hide/hidden che sono la prova più ovvia della dissimulazione di cui parlava Brusa. Se il night club era il luogo in cui inedite interazioni sociali emergevano, il mare è territorio liminale in cui l’umano viene lasciato a piè di pagina e di conseguenza ogni rapporto di forza viene realmente a cadere: la wilderness pertanto non è uno spazio cronachistico, ma eminentemente lirico. Infatti le miserie dei personaggi, la lotta razziale, la scansione della giornata e infine l’alternanza stessa di genere si dissolvono.

 

Fronte del Porto

La primavera qui non è così bella,
Ma navi da sogno prendono il mare
Verso luoghi di primavere meravigliose
E la vita è gioia da amare

La primavera qui non è così bella
Ma i ragazzi si avventurano in mare
Portano bellezze nel cuore
E sogni, come anche io so fare.

 

*

 

Porto di Mare

Hey, marinaio,
Rientrato dal mare!
Hey, marinaio,
Con me devi venire!

Dai su, bevi un cognac.
O forse vuoi del vino?
Dai su vieni qui, io ti amo.
Vieni qui e non dirmi di no.

Luci, marinaio,
Calde luci bianche.
Terraferma, ragazzo
Sfrenate notti bianche

Dai su, marinaio,
Uscito dal mare.
Andiamo, dolcezza!
Con me devi venire.

 

*

 

Lungo Viaggio

Il mare è desolata distesa d’onde,
Un deserto d’acqua.
Ci tuffiamo e ci immergiamo,
Ci innalziamo e barcolliamo,
Ci nascondiamo e veniamo nascosti
Nel mare.
Giorno, notte,
Notte, giorno,
Il mare è un deserto d’onde,
Una desolata distesa d’acqua.

 

Testi in inglese

 

Nude young dancer

What jungle tree have you slept under,
Midnight dancer of the jazzy hour?
What great forest has hung its perfume
Like a sweet veil about your bower?

What jungle tree have you slept under,
Night-dark girl of the swaying hips?
What star-white moon has been your mother?
To what clean boy have you offered your lips?

 

*

 

Young prostitute

Her dark brown face
Is like a withered flower
On a broken stem.
Those kind come cheap in Harlem
So they say

*

 

Negro Dancers

“Me an’ ma baby’s
Got two mo’ ways,
Two mo’ ways to do de Charleston!”
Da, da,
Da, da, da!
Two mo’ ways to do de Charleston!”

Soft light on the tables,
Music gay,
Brown-skin steppers
In a cabaret.

White folks, laugh!
White folks, pray!

“Me an’ ma baby’s
Got two mo’ ways,
Two mo’ ways to do de Charleston!”

 

*

 

Water-Front Streets

The spring is not so beautiful there,-
But dream ships sail away
To where the spring is wondrous rare
And life is gay.

The spring is not so beautiful there,
But lads put out to sea
Who carry beauties in their hearts
And dreams, like me.

 

*

 

Port Town

Hello, sailor boy,
In from the sea!
Hello, sailor,
Come with me!

Come on drink cognac.
Rather have wine?
Come here, I love you.
Come and be mine.

Lights, sailor boy,
Warm, white lights.
Solid land, kid.
Wild, white nights.

Come on, sailor,
Out o’ the sea.
Let’s go, sweetie!
Come with me.

 

*

 

Long Trip

The sea is a wilderness of waves,
A desert of water.
We dip and dive,
Rise and roll,
Hide and are hidden
On the sea.
Day, night,
Night, day,
The sea is a desert of waves,
A wilderness of water.

 

*        *        *

 

 

*        *        *

 

Alessandro Brusa è nato a Imola nel 1972 e vive a Bologna. Ha pubblicato due romanzi: Il Cobra e la Farfalla (Pendragon 2004) e L’Essenza Stessa (L’Erudita 2019) e tre raccolte di poesia: La Raccolta del Sale (Perrone 2013), In Tagli Ripidi (nel corpo che abitiamo in punta) (Perrone 2017) e L’Amore dei Lupi (Perrone 2021). Suoi testi poetici ed in prosa sono apparsi su antologie e riviste, cartacee ed online, sia in Italia sia, in traduzione, negli Stati Uniti, Francia, Belgio, Romania, Spagna ed America Latina. Accompagna il lavoro di scrittura a quello di traduzione dall’inglese con testi pubblicati su riviste online e cartacee (Testo a Fronte, NazioneIndiana, MediumPoesia, InversoPoesia, Le Voci della Luna, PoetarumSilva, La Macchina Sognante). A maggio 2023 esce Queer Negro Blues (Marco Saya 2023) traduzione e curatela di una selezione antologica di testi del poeta americano Langston Hughes.

 

Luca Cenacchi si occupa principalmente di critica letteraria con particolare interesse verso la poesia queer italiana. Ha collaborato con varie riviste online e cartacee tra cui: Argoonline, Poetarum Silva, Atelier (cartaceo), Niederngasse, FaraPoesia e altri. Ha collaborato con diverse case editrici, per cui ha firmato prefazioni e interventi, tra cui: Oedipus, Atelier, Fara editore e Tempo al Libro. È stato giurato presso vari concorsi letterari tra cui Bologna in Lettere (Dislivelli 2018). Attualmente collabora con il collettivo forlivese Candischi con cui organizza presentazioni di poesia.

 

 

© Fotografia di Corbis / Corbis via Gettyimages

 

 

[1] Shane Vogel, Closing Time: Langston Hughes and the Queer Poetics of Harlem Nightlife in Criticism, SUMMER 2006, Vol. 48, No. 3 (SUMMER 2006), pp. 403-404. [trad. mia]

 

[2] Langston Hughes, Alessandro Brusa (a cura di), Queer Negro Blues, Poesie, Marco Saya Edizioni, 2023, p. 17