Nel tormento per l’infinito
nella sua ancestrale sete
la poesia non è una fuga,
è un volo
veleggia tumultua
travalica le coordinate dello spazio
verso orizzonti ignoti
nella speranza di un’aurora.
Echi che si sgranano in versi
cantati ad alta voce o clandestini
come una preghiera sussurrata.
Palpita la poesia su poggi e forre
come vento che stormisce,
indugia negli anfratti e nei dirupi,
un viaggio della nostalgia
alla ricerca di sorgente e foce.
La poesia, la sua voce,
quel gesto aurorale che,
nel suo peregrinare
lungo l’itinerario del pensiero,
ridona la parola al suo respiro.
Davanti ad essa
non possiamo che sostare.