joséaugustín hayadelatorre – due inediti

jose augustin haya de la torre

joséaugustín hayadelatorre (Lima 1981 – conosciuto anche come José Augustin Haya de la Torre)). Curioso e frammentario, ha studiato Letteratura presso l’Universidad Nacional Mayor de San Marcos. È stato membro del gruppo di creazione e pubblicazione letteraria Sociedad Elefante, del comitato editoriale di Distancia Critica: aportes hacia una nueva consciencia social e redattore della rivista elettronica di umanistica Periplo. Nel 2006 ha pubblicato Canto de la Herrumbre (Lustra Editores) e, nel 2008, Nocturno del Alba (Lustra Editores/ AECID). Ha partecipato a diversi festival di poesia e a eventi letterari. Di prossima pubblicazione: Un bosque ardiendo bajo un mar desnudo. È candidato al dottorato in Letteratura all’Università di Salamanca.

joséagustin hayadelatorre
(inediti)
traduzioni dallo spagnolo di Gabriella De Fina 

De: Nocturno del Alba

Suena el río que canto enfurecido trae…

jose 01

Suena el río que canto enfurecido trae
Baja violento desde las punas
y no contempla naturaleza ya que todo como niebla cubre
            Como roca desconocida y aciaga la tierra hace temblar

Matan el orbe
        Orgullosos muestran sangre de puya sobre sus manos
        y un abra de vísceras llaman humanidad

        Seres vacíos
        En el renacer quedarán perdidos
y recordados serán como las heladas que a la tierra
no permiten parir

Cuál es el sesgo de la montaña
la talla el rocío y color del agua reflejada en el cielo
Si el sosiego es yugo insatisfecho
                                                           un diario arrear y arrear y arrear

Recuerdas cuándo florecía el clavel
Cuándo los peces de los lagos la noche iluminaban
Recuerdas al ave cuerpo de serpiente ojos de felino que henchía su pecho y nos cuidaba
o simplemente al colibrí dando vueltas sobre las flores
como eligiendo la más bella

Ya la luna no deja de llorar
La noche enfría
como cada hijo y flor y campo que muere
La Tierra vida más ya no trae
Entre nosotros infértil es todo
                                            Mano sobre mano
                                            que tallo tuerce
                                 que boca parte
                                            que deshoja cuerpo para expandirse                 dice
Huérfanos de relaves y aguas servidas somos
Y no se sabe de quién es el espíritu
pues los gentiles nos han abandonado
            Y el día enfría
            y el agua sedientos nos vuelve
            y el fuego abrigo más ya no trae

La piedra no escucha forjar
endurece la piel y nos niega
golpea en cada caída con más y más furia
pues la lluvia sobre ella ya no resbala

y avanza silenciosa como animal que a su presa ve de lejos
y la hace callar

De este tiempo renacerán sólo demonios
                                    un poco más de nosotros mismos
              de ellos nos embebemos
sin arar caminos pues sólo damos herrajes a todo
Sirvientes nos hemos vuelto a un goce desconocido
              pues los dioses no pueden hablar
              y si lo hacen
             decidimos olvidarlos o verlos como nos vemos
                        olvidados

Risuona il fiume che canto furibondo trasporta

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Risuona il fiume che canto furibondo porta
Scende irruento dagli altipiani
e non si cura della natura perché tutto simile a nebbia ricopre
              come roccia sconosciuta e infausta la terra fa tremare

Uccidono l’orbe
            Orgogliosi mostrano sangue di pungolo sulle loro mani
            e una fenditura di viscere che chiamano umanità

            Esseri vuoti
            Rinasceranno perduti
e ricordati saranno come le gelate che alla terra
impediscono di partorire

Qual è l’inclinazione della montagna
l’ampiezza la rugiada e il colore dell’acqua riflessa nel cielo
Se la quiete è giogo insoddisfatto
                                              perenne incitare e incitare e incitare

Ricordi quando fioriva il garofano
Quando i pesci del lago la notte illuminavano
Ricordi l’uccello corpo di serpente occhi di felino che gonfiava il petto e
ci accudiva
o semplicemente il colibrì vola e vola attorno ai fiori
come a scegliere il più bello

Adesso la luna non la smette di piangere
La notte raffredda
come ogni figlio e fiore e campo che muore
La terra già non porta vita
Tra noi sterile è tutto
                             Mano sulla mano

                             che fusto storce
                             che bocca spacca

                             che sfoglia corpo per protendersi        dice
Orfani di lindezze e offerte d’acqua siamo
ignari di chi sia lo spirito
poiché i gentili ci hanno abbandonato
           e il giorno raffredda
           e l’acqua in assetati ci trasforma
           e il fuoco non ci protegge più

La pietra non ode forgiare
indurisce la pelle e ci rinnega
colpisce a ogni caduta con rinnovata furia
ché la pioggia su di essa già non scivola più

e avanza silenziosa come animale che scorge la sua preda in lontananza
e tacere la fa

Da questo tempo rinasceranno solo demoni
                              poco più che noi stessi
          di loro ci imbeviamo
senza arare cammini visto che sempre recingiamo tutto
Servi siamo diventati di un piacere sconosciuto
       poiché gli dèi non possono parlare
       e se lo fanno
       scegliamo di dimenticarli o di vederli come ci vediamo noi

                       dimenticati

De: un bosque ardiendo bajo un mar desnudo.

 
Encuentro de dos imanes
jose 03
Cárdeno y ocelote:
pienso en la humedad de los lagrimales de los escualos
y en la invención del mito de lo fragmentario
y su devenir en la realidad. Y nombro el mar
y se agiganta. Y nombro el mar y se agiganta. Y nombro el mar
que se agiganta y descubre su perfil de presencia antigua y su ola de tempestad
que reluce, cuando acaricia el extravío y las extremidades
del vuelo del ave que trasunta las orillas y vivifica la desocupación de la estatua:
amanecen fósiles eriales creándose el vacío. Es el mar y su polaridad…
Y la unción de las sílabas que lo  nombran
cuando se quema la sangre y se unge ese contemplar el mundo en un grano de arena:
lo que tañe la roca y bruñe la niebla, así se disuelvan.

Sueño con los tóxicos del vientre de las medusas y con los yunques de los herreros
y sus hierros hirvientes donde se forjan los ornamentos de las pezuñas
y las puntas de los cuchillos, intentando disuadir el desgaste de la materia;
e invento el desvarío y lo asocio y lo restituyo en la maleza de su mención.
E insisto en estos fragmentos y en el ensayo vario de su cepa que altura la palabra:
mar de toda profundidad y señor de lo oscuro, mar de las cavernas y señor de lo oscuro,
mar primigenio del cieno y bulbos del señor de lo oscuro, de los rayos
solares que atraviesan la superficie y emigran bajo tus aguas en vigilia de lo sagrado:
nombra en tu nacimiento lo pronunciado por el fuego de la salamandra,
esculpe ese andar vertical y haz que mane la contracorriente
cuando se pierda la última fuerza en alianza de contrarios

Incontro tra due magneti

 

Toro cardeno e ocelotto:
penso alle umide vie lacrimali degli squali
e all’inventato mito della frammentazione
e al suo divenire nella realtà. E nomino il mare
e s’ingigantisce. E nomino il mare e s’ingigantisce. E nomino il mare
che s’ingigantisce svelando il suo profilo di presenza antica e la sua onda di burrasca
risplende, quando accarezza la virata e il volo estremo dell’uccello
che trascrive le sponde e interpreta l’immobilità della statua:
fossili brulli si risvegliano nel vuoto creato. È il mare e la sua polarità…
e il fervore delle sillabe che lo nominano
quando il sangue ribolle e si consacra quel contemplare il mondo in un granello di sabbia:
quello che arabesca lo scoglio e brunisce la nebbia, affinché si dissolvano.

Sogno i veleni del ventre delle meduse e le incudini dei fabbri
e i ferri incandescenti con cui forgiano le decorazioni degli zoccoli
e le punte dei coltelli, che cercano di rimuovere l’usura della materia;
e invento il delirio e lo associo e lo restituisco nel groviglio della sua evocazione.
E insisto in questi frammenti e nell’infinita prova della loro genesi che innalza la parola:
mare di ogni profondità e signore delle tenebre, mare delle caverne e signore delle tenebre,
mare primigenio del fango e bulbi del signore delle tenebre, dei raggi
solari che fendono la superficie ed emigrano sotto le acque tue in veglia del sacro:
pronuncia al tuo nascere quel che il fuoco disse della salamandra,
scolpisci quell’andamento verticale e fa sì che sgorghi la controcorrente
quando l’estrema forza nell’alleanza dei contrari venga meno.


joséaugustín hayadelatorre (Lima 1981 – conosciuto anche come José Augustin Haya de la Torre)). Curioso e frammentario, ha studiato Letteratura presso l’Universidad Nacional Mayor de San Marcos. È stato membro del gruppo di creazione e pubblicazione letteraria Sociedad Elefante, del comitato editoriale di Distancia Critica: aportes hacia una nueva consciencia social e redattore della rivista elettronica di umanistica Periplo. Nel 2006 ha pubblicato Canto de la Herrumbre (Lustra Editores) e, nel 2008, Nocturno del Alba (Lustra Editores/ AECID). Ha partecipato a diversi festival di poesia e a eventi letterari. Di prossima pubblicazione: Un bosque ardiendo bajo un mar desnudo. È candidato al dottorato in Letteratura all’Università di Salamanca.

 

Fotografia di proprietà dell’autore.

 

Gabriella De Fina (Potenza, 1958) è stata per molti anni attrice e regista e ha scritto per il teatro (con l’atto unico Frontera ha vinto il Premio “La scrittura della differenza testi di drammaturghe dal sud”, 2006). In seguito ha studiato traduzione letteraria per l’editoria e oggi traduce dallo spagnolo per case editrici nazionali e scrive. Ha curato l’edizione e scritto i testi di diversi volumi fotografici e il libro-denuncia No al pizzo (Thor Editrice, 2008). Ha pubblicato reportage su riviste geografiche e collabora con il Travel Magazine Latitudeslife; lavora inoltre come copywriter per l’agenzia milanese Genius Loci. Per Atelier ha tradotto i testi di Alessandra Tenorio Carranza.