Jorge Aulicino – da “Mar di Chukotka” (traduzione di Antonio Nazzaro)

aulicinoJorge Aulicino è nato nel 1949 Buenos Aires, Argentina. Ha pubblicato, tra gli altri, i libri di poesia La caída de los cuerpos, Paisaje con autor, Hombres en un restaurante, Almas en movimiento, La línea del coyote, Las Vegas, La luz checoslovaca, La nada, Hostias, Máquina de faro, Cierta dureza en la sintaxis, Libro del engaño y del desengaño y El camino imperial. Escolios. Nel 2015 ha pubblicato El Cairo. Il 2016 ha visto la pubblicazione di Corredores en el parque. Nel 2012 ha dato alle stampe tutte le sue opere scritte fino a quell’anno nel libro Estación Finlandia. Ha tradotto diversi poeti italiani tra cui Cesare Pavese, Pier Paolo Pasolini e Antonella Anedda. Ha selezionato e tradotto con Jorge Salvetti poesia dello statunitense Frederik Seidel. Nel 2011 ha pubblicato la sua traduzione dell’Inferno di Dante Alighieri. E nel 2015 la traduzione completa della Commedia. Per 28 anni ha lavorato nel giornale il Clarín, di Buenos Aires, ed è stato capo redattore –dal 2005 fino al 2012- della rivista di cultura Ñ. Ha fatto parte del Consiglio Direttivo del Diario de Poesía tra il 1987 e il 1992 e attualmente collabora con la rivista digitale Op. Cit. e con il Periódico de Poesía dell’Università Nazionale Autonoma del Messico (UNAM). Amministra il blog di poesia tradotta e poesia in spagnolo Otra Iglesia Es Imposible e fa parte del Club dei Traduttori Letterari di Buenos Aires. Nel 2015 ha ricevuto il Premio Nazionale di Poesia.


Jorge Aulicino

Mar di Chukotka (inedito):
traduzione dallo spagnolo argentino di Antonio Nazzaro

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[Mito VII: El hielo]

Sólo mi mano tendida hacía ti, doctor Frankenstein,
cuero pálido, un pedazo de papiro sin musgo ni río,
mi mano, una torpe posibilidad, una tormenta apagada,
bruma ocre o un gallo muerto en la grisura de un invierno, en el barro.
Expiraste en los camarotes de Walton y exististe, si exististe,
en lugares así, sentinas, corredores, túneles, el ático, los techos
a los que subiste a buscar el rayo. No tu sonrisa respetada,
tus amables gestos, tu labia. Un fantasma fuiste
y fuiste nada, y me hiciste de pedazos, como son todos los hombres,
de ciudades al garete, de la Atlántida, de un naufragio,
de alcantarillas y ratas, me hiciste como Robinson su casa,
con restos, con el azar de los pedazos.

Te traje hasta el polo con un reguero de sangre, crucé Europa, la vi hundirse,
para que vieras que si Dios ríe en algún lado, ríe aquí, como lo vio London,
en el inmenso hielo, donde las figuras desparecen, donde la bruma hace probable
que tú seas una sombra y yo la sombra de una sombra. Y nunca nadie
haya sido nada, sino gotas sobre una hoja, sino ojos vistos en el mar.

   [Mito VII: Il ghiaccio]

   Solo la mia mano tesa verso di te, dottor Frankenstein,
   cuoio pallido, un pezzo di papiro senza muschio né fiume,
   la mia mano, una goffa possibilità, un temporale spento,
   bruma ocra o un gallo morto nel grigiore di un inverno, nel fango.
   Spirasti nelle cabine di Walton e sei esistito, sì sei esistito,
   in luoghi così, sentine ,corridoi, tunnel, nell’attico, nei tetti
   su cui sei salito per cercare il fulmine. Non il tuo sorriso rispettato,
   i tuoi amabili modi, il tuo parlare. Un fantasma sei stato
   e sei stato nulla, e mi hai fatto di pezzi, come sono tutti gli uomini,
   dalle città alla deriva, da Atlantide, da un naufragio,
   dai tombini e ratti, mi hai fatto come Robinson la sua casa,
   con resti, con l’azzardo dei pezzi.

   Ti ho portato fino al polo con una scia di sangue, ho attraversato l’Europa, l’ho vista affondare,
   perché vedessi che se Dio ride da qualche parte, ride qui, come lo vide London,
   nell’immenso gelo, dove le figure spariscono, dove la bruma fa probabile
   che tu sia un’ombra ed io l’ombra di un’ombra. E giammai nessuno
   è stato nulla, se non gocce su una foglia, se non occhi visti nel mare.

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*

[Aristóteles]

Un cálculo infinitesimal es siempre un cálculo.
Destilado a través de una red capilar
de pensamiento, de alambiques dorados,
construye un pensamiento que es una ciudad.
Y la ciudad es pensamiento y cálculo:
una cuarta parte herreros y artesanos,
un octavo comerciantes,
dos cuartas partes magistrados y soldados;
muy poco, pero decisivo porcentaje
de filósofos y aedos, porque es este el alimento
del líquido amniótico que nos contendrá cívicamente
y en el que nos moveremos como peces.
Es, en efecto y de esta guisa, útero la ciudad.
Nunca así seremos extranjeros.
Tolle, legge. Cf. Política: muchacho,
con diez mil a lo sumo
el dispositivo del Estado funcionará
como un sistema de pesas y poleas.

Preveo, sí, el barro del Támesis, los cadáveres del Destripador,
-un destripador aristotélico, si cabe, un lector de Política-,
las favelas de Río de Janeiro, las Fábricas de Muerte del Reich,
los telares animistas del Sudeste Asiático, los decapitados
en la frontera de México… Para, stop.
En medio de ello, también Marx verá sus esferas,
su aparato delicado que se desarma
y arma sin perder aceite ni agua,
y es, aun de sangre manchado, ecuánime:
bitácora en el helado norte, en la caótica selva eslava.

   [Aristóteles]

   Un calcolo infinitesimale è sempre un calcolo.
   Distillato attraverso una rete capillare
   del pensiero, da alambicchi dorati,
   costruisce un pensiero che è una città.
   E la città è pensiero e calcolo:
   una quarta parte fabbri e artigiani,
   un ottavo commercianti
   due quarte parti magistrati e soldati;
   molto piccola, ma decisiva la percentuale
   di filosofi e aedi, perché questo è l’alimento
   del liquido amniotico che ci conterrà civilmente
   e in lui che ci muoveremo come pesci.
   E’, in conseguenza e in questa guisa, un utero la città.
   Così non saremo mai stranieri.
   Tolle, legge. Cf. Politica: ragazzo,
   con diecimila al massimo
   il dispositivo dello Stato funzionerà
   come un sistema di pesi e pulegge.

   Prevedo, sì, il fango del Tamigi, i cadaveri dello Squartatore,
   -uno squartatore aristotelico, si può dire, un lettore della Politica-
   le favelas di Rio de Janeiro, le Fabbriche della Morte del reich,
   i telai animisti del Sud est Asiatico, i decapitati
   alla frontiera del Messico…Fermati, stop.
   In mezzo a ciò, anche Marx vedrà le sue sfere,
   il suo delicato meccanismo che si smonta
   e monta senza perdere olio né acqua,
   ed è, ancora di sangue macchiato, equanime:
   giornale di bordo nel gelato nord, nella caotica foresta slava.



Antonio Nazzaro (Torino, 1963) è un giornalista, poeta e mediatore culturale italiano. Si è diplomato con la maturità classica a Torino e ancor prima di termibare gli studi inizia a collaborare con i quotidiani L’ora di Plaermo, La Stampa di Torino, Stampa Sera e con l’emittente televisiva Videouno. Trasferitori in Messico si diploma presso l’UNAM Università Autonoma del Messico. Attualmente vive a Caracas (Venezuela) dove è stato coordinatore didattico dell’Istituto Italiano di Cultura, assistente dell’attaché culturale in Venezuela e capo redattore de La Voce d’Italia. Nel 2008 diviene coordinatore del Centro Culturale Tina Modotti con lo scopo di promuovere la cultura italiana e venezualena attraverso varie forme di interscambio culturale. Da ottobre 2014 collabora inoltre alla redazione culturale della rivista Agorà Magazine di cui è stato uno dei fondatori.