Se io potessi prendere tra le mani
un pezzo di argilla, romperlo, impastarlo,
plasmarti una faccia come ti percepisco,
saprei ricostruirti, briciola per briciola, per renderti
integro e forte come la terra da cui provieni,
turbolento e dolce come il mare,
tempestoso come il vento sulle cime delle montagne,
tenero e puro come le nevi immacolate,
limpido e freddo come l’acqua dei fiordi scandinavi,
infinito come il Mar Egeo,
luminoso e veloce come un fulmine,
brillante come l’alba sulle onde,
profumato come un campo in fiore,
fecondo come un frutteto di meli,
se potessi fare un corpo con i miei palmi,
potrei modellarlo per affascinare il mondo
tutto intorno come la lira di Orfeo,
incantare l’occhio come un tempo le divinità greche,
ma non sono il meraviglioso vasaio
che fa cantare e danzare l’argilla tra le mani,
sono solo un pezzo d’argilla,
rotto e rifatto dal tuo canto,
posso riconoscerti, ma non posso
donarti né un corpo né un volto,
sei il mare che da un momento all’altro fa fremere le acque,
torbide o limpide come il cielo,
metallico, scuro, di argento fuso,
arancione, trasparente, bluastro, turchese,
finché non si schiarisce nel cristallino blu e tace.