Imtiaz Dharker – tre poesie

imtiaz dharker

Imtiaz Dharker nasce nel 1954 a Lahore (Pakistan). E’ poeta, artista e regista di documentari.  All’età di un anno è trasferita dal Pakistan a Glasgow dove frequenterà L’università cui seguirà un nuovo trasferimento a Bombay (India), dove tutt’ora vive e alternando lunghi e frequenti soggiorni a Londra. E’ da questa vita di transizione che emergono i principali temi della sua scrittura: infanzia, esilio. nomadismo, i luoghi natii come anche le differenze religiose. Numerose le pubblicazioni di poesia, tra le quali si ricordano Purdah (Oxford University Press, 1989) e le seguenti -tutte edite da Bloodaxe-  Postcards from God (1997), I speak for the devil (2001), The terrorist at my table (2006), Leaving Fingerprints (2009), Over the Moon (2014). Numerosi i premi e riconoscimenti alla sua opera, sia documentaristica (un centinaio i film realizzati, ricevendo inoltre il Premio Silver Lotus nel 1980) che letteraria (del 2014 la Queen’s gold medal for poetry). E’ universalmente riconosciuta tra le più influenti poete in lingua inglese. 

Imtiaz Dharker
(inediti)
traduzione dall’inglese di Floriana Marinzuli

THE TEMPORARY FACE
dharker 01
I draw your face on the huge sand
in the early morning, when small crabs
run and hide in the holes
I have provided for your eyes.

I go away. Through the day
people come and go, knowing nothing
but themselves, the sun on shoulders,
salt, fish, net. They scuff

your outlines, walk across your mouth,
they put down footprints in your eyes.
This makes you real, peels back
your absence, lets your image heal

like a temporary skin. I learn to
love the thing that has to be erased,
the thing I may not be allowed to keep,
sand that runs away beneath my running feet

 

IL VOLTO TEMPORANEO
dharker 02
Disegno il tuo volto sulla vasta sabbia
di prima mattina, quando i granchietti
corrono e si nascondono nei buchi
che ho creato per i tuoi occhi.

Vado via. Durante il giorno
le persone vanno e vengono, non conoscendo
che loro stesse, il sole sulle spalle,
il sale, i pesci, le reti. Ti calpestano via

i lineamenti, ti camminano sulla bocca,
lasciano orme sui tuoi occhi.
Questo ti rende reale, sbuccia
la tua assenza, fa sì che la tua immagine si sani

come pelle provvisoria. Imparo
ad amare quello che va cancellato,
quello che non mi è concesso mantenere,
la sabbia che scorre sotto i miei piedi che corrono.

BLESSING
dharker 03
The skin cracks like a pod.
There never is enough water.

Imagine the drip of it,
the small splash, echo
in a tin mug,
the voice of a kindly god.

Sometimes, the sudden rush
of fortune. The municipal pipe bursts,
silver crashes to the ground
and the flow has found
a roar of tongues. From the huts,
a congregation : every man woman
child for streets around
butts in, with pots,
brass, copper, aluminium,
plastic buckets,
frantic hands,

and naked children
screaming in the liquid sun,
their highlights polished to perfection,
flashing light,
as the blessing sings
over their small bones.

BENEDIZIONE
dharker 04
La pelle si sgrana come un baccello.
Non c’è mai acqua a sufficienza.

Immaginane il gocciolio,
il piccolo tonfo, l’eco
in una scodella di latta,
la voce di un dio benevolo.

A volte, il flusso improvviso
della fortuna.  Il condotto comunale scoppia,
l’argento si schianta al suolo
e il getto che scopre
uno scroscio di lingue. Dalle capanne,
un assembramento: ogni uomo donna
bambino dalle vie vicine
fa capolino, con pentole,
ottone, rame, alluminio,
secchi di plastica,
mani frenetiche,

e bambini spogli,
che gridano nel sole liquido,
i loro riflessi perfettamente lustri,
luce che abbaglia
e la benedizione che canta
sulle loro piccole ossa.


A CENTURY LATER

dharker 05The school-bell is a call to battle,
every step to class, a step into the firing-line.
Here is the target, fine skin at the temple,
cheek still rounded from being fifteen.

Surrendered, surrounded, she
takes the bullet in the head

and walks on. The missile cuts
a pathway in her mind, to an orchard
in full bloom, a field humming under the sun,
its lap open and full of poppies.

This girl has won
the right to be ordinary,

wear bangles to a wedding, paint her fingernails,
go to school. Bullet, she says, you are stupid.
You have failed. You cannot kill a book
or the buzzing in it.

A murmur, a swarm. Behind her, one by one,
the schoolgirls are standing up
to take their places on the front line.

UN SECOLO DOPO

La campanella di scuola è una chiamata alle armi,
ogni passo verso la classe, un passo verso la linea di tiro.
Ecco il bersaglio, pelle sottile sulla tempia,
la guancia ancora tornita di quindicenne.

Arresa, attorniata,
si prende il proiettile in testa

e va avanti. Il missile apre
un varco nella sua mente, in un frutteto
tutto fiorito, un campo ronzante sotto il sole,
dal grembo aperto e pieno di papaveri.

La ragazza ha vinto
il diritto  di essere comune,

mettersi braccialetti a un matrimonio, lo smalto sulle unghie,
andare a scuola. Proiettile, dice lei, sei stupido.
Hai fallito. Non puoi uccidere un libro
o il brusio al suo interno.

Un mormorio, uno sciame. Dietro di lei, una ad una,
le studentesse se ne stanno in piedi
a prendersi il loro posto in prima linea.


Imtiaz Dharker nasce nel 1954 a Lahore (Pakistan). E’ poeta, artista e regista di documentari.  All’età di un anno è trasferita dal Pakistan a Glasgow dove frequenterà L’università cui seguirà un nuovo trasferimento a Bombay (India), dove tutt’ora vive e alternando lunghi e frequenti soggiorni a Londra. E’ da questa vita di transizione che emergono i principali temi della sua scrittura: infanzia, esilio. nomadismo, i luoghi natii come anche le differenze religiose. Numerose le pubblicazioni di poesia, tra le quali si ricordano Purdah (Oxford University Press, 1989) e le seguenti -tutte edite da Bloodaxe-  Postcards from God (1997), I speak for the devil (2001), The terrorist at my table (2006), Leaving Fingerprints (2009), Over the Moon (2014). Numerosi i premi e riconoscimenti alla sua opera, sia documentaristica (un centinaio i film realizzati, ricevendo inoltre il Premio Silver Lotus nel 1980) che letteraria (del 2014 la Queen’s gold medal for poetry). E’ universalmente riconosciuta tra le più influenti poete in lingua inglese.

Fotografia dell’autrice tratta dal sito del quotidiano The Guardian

Floriana Marinzuli vive e lavora a Roma. Dottore di ricerca in letterature di lingua inglese, si occupa di teoria e pratica della traduzione letteraria. Ha tradotto poesia contemporanea britannica e americana per le riviste Poesia, Testo a Fronte, Acoma, Intralinea. Con Bernardino Nera ha curato  la traduzione di Rapture (‘Estasi’, Del Vecchio Editore, 2008) e l’antologia di poesie d’amore Lo Splendore del Tempio (Crocetti Editore, 2012) della Poet Laureate britannica Carol Ann Duffy, vincitrice  del Premio Nazionale di Poesia e Traduzione Poetica “Achille Marazza”. Sempre nel 2013 è risultata finalista alla 10° edizione del Premio Letterario Nazionale “Città di Forlì” (sez. ‘Jacopo Allegretti’ – traduzione poetica) per la traduzione dall’inglese di  alcuni testi di Jo Shapcott, tra cui le due poesie qui offerte ai lettori di Atelier (mai pubblicate precedentemente). Per Atelier ha tradotto (con Bernardino Nera) poesie della Poet Laureate Carol Ann Duffy che possono essere lette qui (da The Bees e Standing Female Nude) e qui (da The Other Country) ; Jo Shapcott;