Un giorno, attraversi la linea,
diventi grande, e non lo sapevi.
Non son gli specchi che ti fanno paura
adesso, né i fili d’argento,
né i troppi problemi; non i solchi
che vedi sul viso, né le giornate
che ora si fanno sempre più serie.
Non è più la morte, che ti spaventa
le notti: forse la temi. Ricordi
quando l’hai conosciuta? La vivi,
retropensiero, la tieni a freno.
Non t’inquieta il futuro, incerto,
perché t’hanno detto che non esiste
più niente, eccetto questo dannato,
perenne presente, che t’imprigiona.
Proprio in questo consumi le ore,
seduto in un quadro, piatto, dove
manca la prospettiva. Tu, finito
in due dimensioni, ti senti privo
d’ogni spessore. Perduto il senso
sotteso all’azione, ti ostini
a cercarlo tra le righe di libri
tutti uguali o interrogando
l’onniscienza suprema d’un computer.
Mi chiedi: che pensi? Io vorrei solo
poterti parlare e dirti che vivi
in un mondo in cui il volto di Dio
ha il profumo dell’Uomo: di sangue,
di terra e di sputi. Sa di spine
e dolore. Ma proprio quell’Amore
dà senso e risposta alle cose.