Grazia Procino, ‘Di albe e di occasi’

Grazia Procino

Di albe e di occasi

Prefazione di Alessandra Corbetta

Macabor, 2021, pp.92, euro 12,00

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Grazia Procino alterna, in questa raccolta poetica, introspezione e ricerca di orizzonti, memoria e abbraccio del mondo. Nella sua poesia “non c’è mai astrazione” – come osserva Alessandra Corbetta nella prefazione – né pensiero solo speculativo, bensì un guardare pacato dentro e fuori se stessa, l’attenzione ai piccoli gesti e ai grandi sentimenti, l’evocazione d’incontri e di visioni naturali. C’è naturalmente in lei anche una grande consapevolezza delle insidie che nasconde la lingua poetica: in un verso inequivocabile definisce le poesie Mani vive a scorticare l’anima. Dicevo prima di una poesia che ha fonte nella memoria, è da qui infatti che muovono verso il presente amori, affetti, ricordi precisi – Rivoli di sudore/ nella luce divorata dalla sera/ corrono dalla nuca/ fino al respiro che si fa voce. E quando l’intensità del ricordo non riesce a concretizzarsi in parole, in ritratto compiuto, la verità si condensa in un verso: Non cè più nulla che ti somigli.

Questa poesia è anche testimonianza del dolore amoroso e del dolore luttuoso; bisogna a volte levare gli spilli dal cuore o scoprire che trovo più gioia in un rovo/ che nella curva del tuo abbraccio. Una poesia dal titolo emblematico, Sono stanca di essere grazia, s’apre così: Mi affanno ad addolcire il tempo/ da quando tu non ci sei più. Spesso irrompono la cronaca e la storia – come in Corteo a Matera, in Poesia civile, in Taranto o nella rievocazione della vita contadina, Dall’alba al tramonto – ma sono molte le poesie dove rivivono persone, case, scorci di paese, antiche ricette, profumi di fiori e di frutti. Alla fine l’impressione è di un compendio poetico dove non manca davvero niente (c’è anche una poesia dedicata a una figlia mai avuta) e resta la curiosità di conoscere le prossime mete della poesia di Grazia Procino.

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Antonio Fiori

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Il tramonto e la rana

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Mi affanno eppure

è dall’altra parte del mondo che sta

la mia casa

sta il ruscello dove scorre

il fazzoletto che annoda

il tempo

sta la rana che gracida

quando cala il sole

sta la tua fronte che si appoggia alla mia.

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All’ombra di muti menhir

pascolano pecore e mucche

cavalli scalpitano

al sole che picchia

e i cerchi del falco pellegrino

nell’aria pulita accendono

le fantasie di Federico II che galoppa

verso il castello di Melfi.

Si desta la luna di fine agosto

nella notte che accoglie

virgole di stelle

il vento guida gli odori penetranti

anche agli sconfitti sulla terra.

Il mondo rotola nella sua ferocia.

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Grazia Procino, è nata a Gioia del Colle (Bari). Docente di Lettere presso il Liceo Classico, ha pubblicato haiku nella raccolta collettiva edita da Fusibilia, la raccolta poetica “Soffi di nuvole” (Scatole parlanti, 2017) – Premio Speciale al Premio nazionale Poetika – e i racconti “Storie di donne e di uomini” (Quaderni edizioni, 2019). “E sia” (Giuliano Ladolfi Editore) è la sua seconda silloge poetica. Una sua poesia è stata selezionata per l’IPoet di gennaio 2019 da Lietocolle; sue poesie sono apparse su riviste specializzate come Poesia Ultracontemporanea e Poesia del nostro tempo. Maurizio Cucchi su “La Repubblica” di Milano e Vittorino Curci su “La Repubblica” di Bari hanno selezionato una sua poesia.