Nec spe nec metu
Ho vissuto in terre remote
di nome in nome
lontano dai giochi d’amore,
ogni volta che mi hanno lapidata
per ogni pietra ho finto stupore
riconoscermi intatta nonostante smembrata
riscoprirmi un po’figlia d’esistenze illibate
solitudini antiche su di un letto di ortiche.
Ma che fai, perché piangi?
Mi dicesti: sorella
ci hanno solo sventrate e nemmeno sfiorate
che ne sanno del sangue che non vuole mostrarsi
e di guerre mappate tra le costole aperte?
E ti dissi: sorella
qui si spara alla cieca meglio fingerci morte
quando poi torneremo vestiremo piumaggi
di mutate sembianze, nel silenzio imperante
ma ora dormi che è tardi sorgeremo un altr’anno.