Gennaio va dibattendo

Gennaio va dibattendo

come offrire il corpo all’arciere

pensando: devono pur piacere

a Dio le cicatrici.

 

Se frusta male piega l’incudine

d’una colpa giocata al carico?

 

Se Sebastiano non muore

trafitto dalle insinuazioni?

 

E il suo sangue sceglie di non frenare:

le vie del verbo
che non ragiona, mastica assai.


Parola saluta e passa

incarna la stella bizzarra

amore e pazza

polvere degli astri, i sassi

scintilla del principio.

 

Dove su un’arsa ed indigesta altura

sotto lo spettro della Lunadi notte la forgia apre le porte.



A ribattere 
tra l’incudine e la morsa
si tormenta la lima da sgrosso,

col giusto chiasso
sputo sul gomito

e mi taglio apposta lingua e polso.

 

Suono calante,
sfogo del fracasso, la parola

pesca nel fosso, presentirsi sepolto 
la testa del chiodo

senza avviso batte moneta

ed é un colpo, martello in cerchio bianco.


Nel muro poco distante
vivono il serpente, il ladro il topo,

il principe ranocchio ed il suo rimorso.