Francesca Saladino – Inediti

Francesca Saladino nasce e vive a Caserta dal 1994, laureanda in psicologia clinica presso l’Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli della stessa città, porta avanti un progetto di poesia estemporanea componendo “ritratti poetici” ispirati da un breve colloquio col committente. È stata co-fondatrice del collettivo campano CASPAR per la diffusione e la valorizzazione della poesia orale e performativa sul territorio. In collaborazione con Officina Teatro ha ideato ed organizzato “Pop Poetry”, rassegna teatrale di spettacoli in versi e spoken poetry. Attualmente sta lavorando alla sua prima raccolta poetica, che comprenderà i componimenti nati negli ultimi due anni.

 

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1.

 

Ho due diavoli sulle spalle
che mi spezzano il collo a colpi
sul bordo del tavolo a cui siedo con lei.
Mi girano le orecchie e i piedi,
mi spostano i nei ridendo
e di noi vedo soltanto
futuri senza sonoro
in cui non puoi riconoscermi. Loro
hanno il profumo del primo vitello
che ho mangiato piangendo,
profumo di alloro. Si leccano i calli,
masticano poco vecchio tabacco
e fanghiglia mista a feci.
Me lo sputano in bocca
imitando i piccioni coi loro piccoli.
Io lo ingoio tutto, avida e putrida,
nuda in un angolo come i polli,
come una vacca il giorno del macello,
a contarmi i capelli, a tirarmi i denti.

 

*

2.

La quinta figlia femmina
legata nella stalla
di fianco alle mucche
ha dovuto imparare
a infilare il dito nell’ano
della gallina – per sentirne l’uovo.
Sfilare nuda
con gli scarafaggi in testa.
Scuoiare conigli
e farsi piacere le cavallette.

Ecco,
la nostra condizione per essere amati.

L’ora del bagno,
qualcosa di cui non si deve parlare.
Come il desiderio d’essere morta
per non attirare più l’attenzione.
Chi ha il cuore tenero
non sa proteggersi.
Qualcuno forse
sì, servendo allo scopo maggiore.

Non si vive di assoluti
quando si ha bisogno
disperato d’amore.

 

*

 

3.

 

Carezza la pelle dell’albero
senza arrossire, pronuncia
scoprendone il corpo
le cicatrici:
“corteccia”, “radici”.

Tieniti stretto
al frutto, al tempo
come i serpenti.

Scandita tra i denti
la resina tronca
di netto l’abbraccio,

pendono, legati a un laccio
i rami, i morti, i canti.

 

*

 

4.

 

Ho nascosto la fonte
sotto l’occhio celeste
del primo assente,
una torre di corpi
putrefatti, mentre
attorno a me scorre
sperma pesante e corre
aborrito nella pozza
del dover fare, dover essere,
sboccia dal suolo di sborra
la meraviglia:
piccola dea figlia, bocca infernale
aperta come aiuole da calpestare

e nel profumo autunnale
d’orrore che piove
anche i diavoli sono in fiore.