Eleonora Conti, “Umanità gallina” (RPlibri, 2023)

Nota di Valentina Furlotti

L’esordio poetico di Eleonora Conti si traduce in un volume lucido, ironico, dal titolo audace. Le galline non volano, se non per brevi tratti; mancano di muscoli specializzati, hanno ossa pesanti, nervi grossolani e una scoraggiante abitudine alla cattività. Lo stesso vale per il genere umano. Solo alcuni individui sono dotati, «(per un calcolo distratto / del grande progettista) / di un paio di scapole / alate con cui azzardano / l’oblio del cielo». Il resto di noi è destinato, qualora osasse spiccare il volo, a produrre un «crac deciso di bestia su marmo».

Questo il fil rouge della raccolta, dipanato da una voce che, come scrive Antonio Bux nell’introduzione, «pare oscillare tra lo stupore di un’effervescenza materica e il nitore di un sentire più cogitante».

La prima sezione di Umanità gallina è dedicata al corpo, percepito il più delle volte come un peso, «una croce / che si trascina da sé», un «corpo-lazzaro» che ci inchioda a terra, ma che proprio per questo è in grado di salvarci da morte certa e che nasconde punti di forza proprio laddove sembra più debole: le ginocchia dai legamenti lassi possiedono una «volontà flessibile» e la «distesa di cartapesta» dei vecchi altro non è che un bozzolo impegnato a covare.

La battuta del tempo, seconda sezione della silloge, affronta il senso dell’esistenza. La vita è una «folle esecuzione» delle Parche e il nostro respiro «è solo un filo» che potrebbe spezzarsi da un momento all’altro. Lo dimostra il fatto che prima di morire non ci sono tappe obbligatorie (a eccezione della nascita); le madri «muoiono senza preavviso», i figli «spariscono […] prima dei padri». La sorte esiste, ci sorride sdentata, ma tutto è casuale. Se a matita, su suggerimento dell’autrice, unissimo i passi della nostra storia, ci accorgeremmo che «questo nostro esserci stati» somiglia a un’opera astratta di Hans Hartung.

Ne La coda dell’occhio, Conti si riconnette al modo di osservare le cose tipico dell’infanzia. Lo sguardo dei bambini non si perde «nella verde aritmetica del conto corrente», ma ha la facoltà di cogliere «la scultura del ragno / il rubino del ginocchio aperto / la pioggia che fa la ghiaia mentre cade / dal setaccio grezzo delle mani». Chi conserva la coda dell’occhio è un creatore di metafore ambulante, si finge morto mentre gioca a nascondino, nota l’unica lampadina spenta in una fila di luminarie e crede che sotto il letto lo attenda un orco.

L’ultima sezione, Pensiero verde – colore onnipresente nella raccolta –, ruota attorno alla natura, in particolare nella sua dimensione boschiva, arborea. Si nominano il carpino, il leccio, il pino mentolato, gli abeti che «fanno i tornelli», le roveri, il larice… La vegetazione, quando non è personificata, si fonde con l’autrice stessa, aiutandola ad abitare il presente in attesa della morte o di una rinascita. Chiude il volume una poesia dedicata all’acqua e al suo duplice potere distruttivo e creativo, come una purificazione a fine viaggio.

Nonostante l’evidente profondità dei temi trattati, Conti riesce a essere lieve, vivace, persino divertente. Le piace spiazzare e provocare il lettore, e sa bene di poterlo fare. Attraverso rime interne, allitterazioni, anastrofi e doppi sensi, ci guida in una poetica musicale e spaesante, ricca di «congegni (debitamente) nascosti», come ha scritto di lei Alessandro Fo su Pioggia Obliqua, tra cui «una compressione del linguaggio quotidiano che, per esempio, va a ‘cogliere sul fatto’ alcune frasi fatte (e dunque lise), per ‘prenderle in parola’ e torcerle a un senso che infonde loro nuova vitalità».

 

 

Valentina Furlotti

 

 

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Femǐna

 

Ci assimila un’isteria sorella
un’abitudine al sangue
l’azzardo del vestito corto.

Per noi il Battista ha perso la testa
dietro ogni sinistro una peccatrice
la strega-corpo che fa la magia della vita
colpevole soltanto di tornare Eden
nella danza ribattuta del piacere.

 

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Icaro (o l’arroganza)

 

Lo strappo dell’ala ti fa uno schianto
a 8,3 minuti luce dal sole. Eri pollo
nel crederti aquila, precipitosa
creatura sul trampolino del mattino
non hai più fiato per starnazzi
ora stramazzi e sul finale risuoni
un crac deciso di bestia su marmo.

 

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R.I.P.

 

Tu che hai perso la coda dell’occhio
ti aggiri per il mondo con lo sguardo tronco
l’anima d’amianto, un’empatia carcassa.
Non noti più l’educazione civica delle formiche
quello sfrecciare sui corrimani ordinato
e statisticamente privo di incidenti.
Ti è invisibile la scultura del ragno
il rubino del ginocchio aperto
la pioggia che fa la ghiaia mentre cade
dal setaccio grezzo delle mani.
Ora ti smarrisci in applicazioni
nella verde aritmetica del conto corrente
in un puntuale disiscriverti da newsletter.
Non sei neanche più il perimetro del bambino
che eri. Te lo sei divorato intero tra la seconda
e la terza media, con la merenda del venerdì,
dopo l’ora di ginnastica.

 

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Eleonora Conti è nata nel 1988 a Parma, dove vive e lavora come insegnante. Si è laureata in Arti Visive a Bologna, e la sua passione per le lingue moderne l’ha portata a vivere per diversi anni all’estero, tra Irlanda e Francia. Le sue poesie sono apparse su blog letterari come Pioggia Obliqua (con un’introduzione di Alessandro Fo), Poeti Oggi e Interno Poesia Blog. Umanità gallina è la sua prima raccolta poetica.
Instagram: @eleonora__conti

 

Valentina Furlotti nasce a Parma nel 1993. È laureata in Filosofia. Suoi inediti appaiono sul nono Almanacco dei poeti e della poesia contemporanea (Raffaelli Editore, 2022) e su lit-blog e riviste come Poeti Oggi, Interno Poesia Blog, Atelier Poesia e Fara Poesia. Tre suoi testi sono stati tradotti in spagnolo per il Centro Cultural Tina Modotti. Ha scritto su Rivista ClanDestino e tenuto laboratori poetici nelle scuole.
Instagram: @valentina_furlotti

 

© Fotografia di Martina Baschieri.