E io,
Che mai ho temuto il giudizio,
guardando la tua nuca mi sento in tribunale;
senza accusarmi mi infliggi la pena.
Eppure non sai
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Ma forse immagini –
Il profumo del vialetto, le notti consumate
L’amore reclamato, le partenze improvvise.
E poi lui – che non è te – e io, controvoglia.
Se potessi difendermi
Alla sbarra della tua schiena
Dalla dissolutezza che mi consuma
Direi “guarda il mostro che ami e che ti ama; sono colpevole, signor giudice!
Colpevole e sofferente d’essere come sono”.
Ma nel momento dell’ammissione
Voltandoti mi offri il perdono.