Davide Castiglione – Tre inediti

Castiglione fotoDavide Castiglione (Alessandria, 1985) è docente di materie letterarie e linguistiche all’Università di Vilnius in Lituania. Si è laureato a Pavia con una tesi su Vittorio Sereni traduttore da William Carlos Williams, e dottorato a Nottingham (Inghilterra) con una tesi sulla difficoltà nella poesia angloamericana, poi divenuta libro (Difficulty in Poetry: a Stylistic Model, Palgrave 2019). Ha pubblicato articoli scientifici e gestisce un sito personale che ospita letture di altri poeti. Sue poesie sono state pubblicate su varie antologie e riviste, tra cui «Poesia» (con una nota di Maria Grazia Calandrone). Ha partecipato ad alcuni concorsi di poesia, risultando finalista all’ultima edizione del Lorenzo Montano per l’inedito e vincitore, sempre per l’inedito, al premio Renato Giorgi. È autore di due raccolte poetiche: Per ogni frazione (Campanotto, 2010), e Non di fortuna (Italic Pequod 2017). I testi qui proposti fanno parte di una raccolta inedita provvisoriamente intitolata Doveri di costruzione.

Davide Castiglione
Tre inediti

Nella tratta dei rientri

Ho addosso la tua maglia a falde infilata
mentre il freddo era serio più del freddo
dovuto a Milano una domenica presto,
grazie. C’è posto per tutto in spazi così,
già sul treno ce n’è spesso uno accanto
e due alle volte se risale
a monte, a prima di noi, il treno.

Striscia lungo le terre di mezzo
e di nessuno, nella tratta dei rientri,
uno spasimo piatto, non diretto,
tutta una massa sfuggita in silenzio
all’uncinetto (più premuta della maglia
e meno premura, da parte di chi?)
e ci vuole suoi, si allarga piano
dal sedile accanto ma deserto.

*

La sabbia di Smyltin?

Fra segatura e fine farina è musicale
la sabbia che hai toccato a Smyltin?.
La impara il corpo se lasciato stare
in un convergere dei venti o nel salino:

nella posizione detta del cacciatore,
spina dorsale parallela all’asse non
dirottare la mente sull’interna cattedrale,
sul barocco che del salino non sa nulla…

A custodirla siete rimasti voi ex affini,
frame di un io affievolito
che anche al nulla tolsero la risorgiva
come il saluto a sé stessi la mattina.

Allora raccolgo questa sabbia che in un punto
x della vita smise di suonare per voi,
questa sabbia che ha smesso di suonare punto
io la stringo come se fosse stata viva.

*

Performance elettronica no. 7

I poco più che infanti gonfiano i polmoni il loro
è un coro bidimensionale blu bisanzio col bianco
delle voci che si avvita su scale a chiocciola,
spirale di paura smerciata al blockbuster.
L’uccellaccio si è intanto calato nell’organo
la puntina è in loop
prende a gocciolare il centralino
(questo isterismo anni cinquanta
com’è umano ormai…)
riemergono emissioni civettuole
con poca arte fanno le splendide
le placche tettoniche in fast forward poi
ci mancavano proprio,
questa volontà di strafare tradisce
la giovane età della mixatrice.

Venga invece il rigore perlaceo
di quelli della performance che segue.
Si inizia da clave spaziate
come turni di guardia in un bianco straziante.
Uno firma il cardiogramma con sbalzi
tanti quanti sono i ritorni di nota
e sono ossessivi i ritorni di nota
le clave spaziate come turni di guardia
si danno il cambio si passano l’un l’altra
la promessa di vibrare il colpo finale
che ci tiene in uno spasmo di amore e di ridicolo…
e mentre firma il cardiogramma il condannato gli
sbanda la mano come accusano
il ghirigoro ideale e la graticola
computerizzata sulla slide
– è quando cerca di rinnegarsi che l’imperfezione
si fa amare con momento più lungo, con più solco.

L’esecuzione accade lontano dal presepio
dei connettori dove i musici stanno e noi
come un incombere mansueto intorno.
Il rumore bianco cede a una cascata zen,
dell’acqua scura devo dire che è scesa
perché scuro è il fondo della tazza
da cui non ho iniziato a bere,
da cui ho tenuto lontane le labbra.


Fotografia di proprietà dell’autore.