Giacomo Sandron è nato a Portogruaro (VE) verso la fine dell’estate del 1979. Ha studiato Filosofia a Trieste, vive a Torino. È membro dell’Associazione Culturale Porto dei Benandanti di Portogruaro (Ve) con cui partecipa all’organizzazione di Notturni Di_Versi – piccolo festival di poesia e delle arti notturne. Poeta e slammer, dal 2002 partecipa a pubbliche letture, performance, laboratori, iniziative culturali, festival, sia all’interno che all’esterno dei patrî confini. Organizza e conduce regolarmente poetry slam e anti-slam in Veneto e Piemonte. Per la rivista Atti Impuri ha tradotto alcune prose di Herberto Helder, figura di culto della letteratura portoghese contemporanea. Suoi testi sono presenti in qualche raccolta, in qualche rivista e su diversi siti web tra cui Absoluteville, Poetarum Silva, Atti Impuri e Nazione Indiana. Ha all’attivo le plaquette Triestitudine, autoprodotta nel 2007, Cossa vustu che te diga, pubblicata nell’estate 2010 dall’Associazione Culturale Culturaglobale e La malattia professionale/Lato destro (SartoriaUtopia edizioni, 2012). Nel 2012 si è aggiudicato il premio TeglioPoesia per la poesia in dialetto. È autore, assieme all’architetto Mauro Gentile, della tetralogia di libri oggetto Germinal. Nel 2015 ha pubblicato la raccolta poetica Cossa vustu che te diga (Samuele Editore).

Daìta Martinez – Tre inediti

MARTINEZ DAITADaìta Martinez è nata e vive a Palermo. Ha pubblicato con LietoColle Dietro l’una (2011) segnalato alla V Edizione del Premio Nazionale di Poesia “Maria Marino” e La bottega di via alloro (2013). Nel 2015 ha vinto il Concorso Nazionale di Poesia Città di Chiaramonte Gulfi. È stata inserita in diverse antologie edite LietoColle, La Vita Felice, Mondadori, Akkuaria, Fusibilialibri, Ursini Edizioni, Cfr Edizioni. È autrice dei testi in video tour Kalavria 2009.

Daìta Martinez
(inediti)

*

‘a vucca dintra ‘a vucca
strinci l’ura di la cunta e
grapi ‘u mari zappatu di
zammù talìa idda comu
tuppulìa chiantu duci di
la vigna ‘a sò vuci l’erva

     la bocca dentro la bocca
     stringe l’ora di dire e
     si apre il mare zappato di
     anisetto guarda lei come
     bussa pianto dolce della
     vigna la sua voce l’erba

*

nica mi fazzu nica
a scimiari unni s’
appoia a vastedda
di rina na quartara
e mezzu ‘n mezzu
l’ura ammuddata
nuda vuci criatura

     piccola mi faccio piccola
     a far lezii dove s’
     appoggia la ciambella
     di sabbia una brocca
     e mezzo in mezzo
     l’ora molle
     nuda voce creatura

*

il bocciolo a righe della poltrona
di carta un soffio al mattino una
casa il disamore dai tetti questo
viso accaldato è uno sciame sul
dove s’è contratta l’illusione dei
campi di magnolia era ieri l’altro
l’acqua contadina la giostrina di
caucciù leggerissimo mangiarsi
assenza dalle mani il silenzio di
modica la cantina in penombra
che non sai quando il sole entra
l’odore l’innocenza sfiorata d’un
andirivieni la cenere sul tavolo i
pensieri qualsiasi e la fragilità in
una parola che tace s’allarga da
una finestra fa piano il sonno più
bello quasi chiocciola dipinta sui
rami l’inguine più nudo in questo
filo di luce perfetta la brocca alla
tua bocca tremula d’ogni attesa
persino di più il candore già oltre
nascendo ci somiglia ariavento il
calice se disubbidiente sorrido al
rito della grazia piano piano una
veduta d’infinito sfuggita ai vicoli
ognissanta inquisizione tornando


Fotografia dell’autrice di Francesco Francaviglia