COME FA LA RONDINE

È quasi il labbro silenzioso di Dio

oltre l’indice teso di una pronuncia di meraviglia

la zanzara che a sera atterra, senza permesso,

come un modulo lunare

sul mare delle mie nocche.

Per me che la osservo parlare sottovoce

il linguaggio delle ombre,

come la luce di una candela

quando accenna una preghiera nel buio,

pare la felicità di una foglia

a scolpire sull’abbecedario del vento

l’alfabeto del bosco.

 

Anch’io, in fondo, come lei

non ho altri approdi

quando il giorno scende come un sipario

sulle case e la sostanza del mondo sta tutta

nella briciola di brina ferma sul ciglio di un fiore

a guardare altrove

se non cercare di là dalle imposte

uno sguardo che mi ricambi, inaspettato,

come la nebbia quando corica i campi

in un’ipotesi di neve fuori stagione.

 

La zanzara è ancora lì

quasi una carezza a distendersi oltre l’infinito

o un segno imperfetto di grafite

in attesa di essere cancellato

pronta ad amare chissà quali altre persone

dopo di me.

 

Io rimango qui a ricopiare sulla polvere dei suppellettili

l’eco del battito del cuore di Dio

come fa la rondine quando copre d’amore

la superficie dell’alba.