Claudia Rankine – da “Citizen” (traduzione di Anna Tomasetto)

RANKINEClaudia Rankine  è nata in Jamaica nel 1963. Ha ottenuto un B.A. in Inglese al Williams College e successivamente un M.F.A. in poesia alla Columbia University. E’ tra le più riconosciute ed acclamate intellettuali degli Stati Uniti. E’ curatrice di numerose antologie tra le quali si ricordano  American Women Poets in the Twenty-First Century: Where Lyric Meets Language (Wesleyan, 2002) e American Poets in the Twenty-First Century: The New oetics (2007). E’ inoltre drammaturga (Provenance of Beauty: A South Bronx Travelogue, commisionata dal Foundry Theatre e Existing Conditions, co-scritta con Casey Llewellyn).  A sua firma inoltre numerosi video in collaborazione con John Lucas.E’ autrice di 5 raccolte di poesia: Don’t Let Me Be Lonely (Graywolf, 2004); PLOT (2001); The End of the Alphabet (1998); e Nothing in Nature is Private (1995), raccolta d’esordio alla quale viene assegnato il Cleveland State Poetry Prize.Del 2014 è Citizen, An American Lyric, straordinaria raccolta finalista National Book Award in Poetry; Vincitrice del National Book Critics Circle Award in Poetry; Finalista  National Book Critics Circle Award in Criticism; Vincitrice del NAACP Image Award, del L.A. Times Book Prize e del PEN Open Book Award. Questa è la prima traduzione ad essere offerta in italia. 

Claudia Rankine
da Citizen. An American Lyric (Greywolf Press)
traduzione dall’inglese di Anna Tomasetto

il testo è riprodotto su autorizzazione dell’autrice.

 

RANKINE CITIZENSome years there exists a wanting to escape-

you, floating above your certain ache-

still the ache coesists.

Call that the immanen you-

You are you even before you

grow into the understanding you

are not anyone, worthless,

not worth you.

Even as your own weight insists
you are here, fighting off
the weight of nonexistence

And still this life parts your lids, you see
you seeing your extending hand

as a fallin wave-

/

I they he she we you turn
only to discover
the encounter

to be alien to this place.

Wait.

The patience is in the living. Time opens out to you.

The opening, between you and you, occupied,
zoned for an encounter,

given the histories of you and you-

And always, who is this you?

The start of you, each day,
a presence already-

Hey you-

/

Slipping down burying the you buried within. You are
everywhere and you are nowhere in the day.

The outside comes in-

then you, hey you-

Overheard in the moonlight.

Overcome in the moonlight.

Soon you are sitting around, publicly listening, when you
hear this-what happens to you doesn’t belong to you,
only half concerns you He is speaking of the legionnaires
in Claire Deni’s film Beau Travail and you are pulled back
into the body of you receiving the nothing gaze-

The world out there insisting on this only half concerns
you. What happens to you doesn’t belong to you, only half
concerns you. It’s not yours. Not yours only.

/

And still a wolrd begins its furious erasure-

Who do you think you are, saying I to me?

You nothing.

You nobody.

You.

A body in the wolrd drowns in it-

Hey you-

All our fevered history won’t instill insight,
won’t turn a body conscious,
won’t make that look
in the eyes say yes, thought there is nothing

to solve

even as each moment is an answer.

/

Don’t say I if it means so little,
holds the little forming no one.

You are not sick, you are injured-

you ache for the rest of life.

How to care for the injured body,

the kind of body that can’t hold
the content it is living?

And where is the safest place when the place
must be someplace other then in the body?

Even now your voice entangles this mouth
whose words are here as pulse, strumming
shut out, shut in; shut up-

You cannot say-

A body translates its you-

you there, hey you.

/

even as it loses the location its mouth.

When you lay your body in the body
entered as if skin and bone were public places;

when you lay your body in the body
entered as if you’re the ground you wal on,

you know no memory should live
in the memories

becoming the body of you.

You slow all existence down with your call
detectable onsly as sky. The night’ yawn
absorms you as you lie down at the wrong angle

to sun ready already to let go of your hand.

Wait with me
though the waiting, wait up,
might take until nothing whatsoever was done.

/

To be left, not alone, the only wish-

to call you out, to call out you.

Who shouted, you? You

shoted you, you the murmur in the air, you sometimes
sounding like you, you sometimes saying you,

go nowhere,

be no one but you first-

Nobody notices, only you’ve known,

yoou’re not sick, not crazy,
not angry, not sad-

It’s just this, you’re injured.

/

Everything shaded everything darkened everything
shadowed

is the stripped in sthe struck-

in the trace
is the aftertaste.

I they he she we you were too inconcluded yesterday to
know whatever was done could also be done, was also
done, was never done-

The worst injury is feeling you don’t belong so much

to you-

*

Alcuni anni c’è un bisogno di scappare—

tu, galleggiando sopra quel tuo dolore—

anche il dolore vive con te.

Chiamano quello l’immanente tu—

Tu sei tu ancor prima che tu

cresca nella prospettiva che tu

non sia nessuno, senza valore,

non ti valga, tu.

Anche quando il tuo peso preme
tu sei qui, a difenderti
dal peso dell’inesistenza.

E ancora questa vita separa le tue palpebre, tu vedi
il tuo vedere la tua mano che si estende

come un’onda che cade—

/

Io loro lui lei noi tu finiamo
solo per scoprire
l’incontro

essere alieno a questo posto.

Aspetta.

La pazienza sta nel vivere. Il tempo si apre davanti a te.

Il varco, tra te e te, impegnato,
ebbro per un incontro,

date le storie di te e te—

E ancora, chi è questo te?

L’inizio di te, ogni giorno,
già una presenza—

Ehi tu—

/

Scivolando giù seppellendo il tu sepolto all’interno. Tu sei
ovunque e da nessuna parte nel giorno.

L’esterno entra—

Poi tu, ehi tu—

Sentito per caso al chiaro di luna.

Sopraffatto al chiaro di luna.

Presto sederai in giro, ad ascoltare pubblicamente, quando tu
senti questo— ciò che ti accade non ti appartiene,
solo a metà riguarda te Lui sta parlando dei legionari
nel film di Claire Denis Beau Travail e tu vieni respinto
nel corpo tuo che riceve lo sguardo del nulla—

Il mondo che è fuori di qui insiste su questo, solo a metà riguarda
te. Ciò che ti accade non ti appartiene, solo a metà
ti riguarda. Non è tuo. Non tuo soltanto.

/

E ancora un mondo comincia la sua furiosa cancellazione

Chi pensi di essere, dico a me? *

Tu niente.

Tu nessuno.

Tu.

Un corpo nel mondo vi annega—

Ehi tu—

Tutta la nostra storia febbrile non instillerà coscienza,
non renderà un corpo consapevole,
non farà dire sì a quello sguardo
con gli occhi, sebbene non ci sia niente

da risolvere

anche se ogni momento è una risposta.

/

Non dire io se significa così poco,
se afferra il poco che non forma nessuno.

Tu non sei malato, sei ferito—

tu avrai dolore per il resto della vita.

Come preoccuparsi del corpo ferito,

il tipo di corpo che non riesce a trattenere
il contenuto che sta vivendo?

E dove si trova il posto più sicuro quando quel
posto dovrebbe essere in qualche altro posto diverso dal corpo?

Ancora adesso la tua voce impaccia questa bocca
le cui parole sono qui come battito, strimpellando
basta, smetti, zitto—  **

Non puoi dire—

Un corpo traduce il suo tu—

Tu là, ehi, tu

/

anche se perde la posizione della sua bocca.

Quando tu stendi il tuo corpo nel corpo
penetrato come se pelle e ossa fossero luoghi pubblici,

quando tu stendi il tuo corpo nel corpo
penetrato come se tu fossi la terra dove cammini,

tu sai che nessuna memoria dovrebbe vivere
in queste memorie

che diventano il tuo corpo.

Tu rallenti tutta l’esistenza con la tua chiamata
percepibile solo come cielo. Lo sbadiglio della notte
assorbe te mentre giaci nell’angolo sbagliato

verso il sole già pronto a lasciar andare la tua mano.

Aspetta con me
nonostante l’attesa, aspetta sveglio,
potrebbe durare finché niente di niente sia fatto.

/

Essere lasciato, non da solo, l’unico auspicio—

chiamarti fuori, chiamare fuori te.

Chi urlava, tu? Tu

urlavi tu, tu il mormorio nell’aria, tu a volte
sembrando tu, tu a volte dicendo tu,

non andare da nessuna parte,

sii nessuno tranne te per primo—

Nessuno si accorge, solo tu hai saputo,

tu non sei malato, non sei pazzo,
non sei arrabbiato, non sei triste—

Solo questo, tu sei ferito.

/

Ogni cosa adombrata, ogni cosa oscurata, ogni cosa
ombrata,

è spogliata, è colpita

è la traccia
è il retrogusto.

Io loro lui lei noi ieri eravamo troppo chiusi per
sapere che qualsiasi cosa fosse fatta poteva anche essere fatta, fu anche
fatta, non fu mai fatta.

La peggior ferita è sentire che non appartieni così tanto

a te—

(N.d.R.)
* si è deciso di tradurre saying I to me?, con dico a me? per l’impossibilità di rimandare la fonetica  di “I” (io) che suona come “Hi” (ciao) e le molteplici suggestioni correlate.
** come sopra, si è deciso che shut out, shut in, shut up venisse infine tradotto basta, smetti, zitto per l’impossibilità di trasporre l’assonanza di shut a shout (urlo) – shut in può inoltre essere tradotto come soffocare cosa che rende ancor più poliedrica la sequenza ma non traducibile in italiano.


 

RANKINE CITIZENClaudia Rankine  è nata in Jamaica nel 1963. Ha ottenuto un B.A. in Inglese al Williams College e successivamente un M.F.A. in poesia alla Columbia University. E’ tra le più riconosciute ed acclamate intellettuali degli Stati Uniti. E’ curatrice di numerose antologie tra le quali si ricordano  American Women Poets in the Twenty-First Century: Where Lyric Meets Language (Wesleyan, 2002) e American Poets in the Twenty-First Century: The New oetics (2007). E’ inoltre drammaturga (Provenance of Beauty: A South Bronx Travelogue, commisionata dal Foundry Theatre e Existing Conditions, co-scritta con Casey Llewellyn).  A sua firma inoltre numerosi video in collaborazione con John Lucas.E’ autrice di 5 raccolte di poesia: Don’t Let Me Be Lonely (Graywolf, 2004); PLOT (2001); The End of the Alphabet (1998); e Nothing in Nature is Private (1995), raccolta d’esordio alla quale viene assegnato il Cleveland State Poetry Prize.Del 2014 è Citizen, An American Lyric, straordinaria raccolta finalista National Book Award in Poetry; Vincitrice del National Book Critics Circle Award in Poetry; Finalista  National Book Critics Circle Award in Criticism; Vincitrice del NAACP Image Award, del L.A. Times Book Prize e del PEN Open Book Award. Questa è la prima traduzione ad essere offerta in italia.

Fotografia dell’autrice tratta dal sito della University of South California

Anna Tomasetto (1988) nasce a Motta di Livenza (TV) e attualmente vive e studia a Venezia. Laureata nel 2011 in Lingue e  Letterature Moderne e Contemporanee Occidentali all’Università Cà Foscari di Venezia, traduce dall’italiano all’ inglese alcuni libri per l’infanzia presso la casa editrice Tredieci di Oderzo (TV), come Tari, Queen of Egypt (L. Taffarel) o Where are my spots? (M. Capretta). Da Marzo 2015 collabora con il Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali dell’Università Cà Foscari per il progetto Phonodia, archivio voce di poesia contemporanea italiana ed estera -diretto dalla Professoressa Elide Pittarello- con mansioni di addetto stampa e attività relative alla costruzione del sito. Coopera con un gruppo di  giovani artisti provenienti dall’Accademia di Belle Arti di Venezia, in particolare con il Professor Riccardo Giacomini. Laureanda in Lingue e Letterature Europee e Americane Postcoloniali (curriculum Iberistico), ad oggi collabora con la casa editrice Ladolfi in qualità di traduttrice.