ZAKIROV

Chamdam Zakirov – da “Frammenti di versi a mezzanotte” (Traduzione di Paolo Galvagni)

ZAKIROVChamdam Zakirov è nato nel 1966 nella cittadina di Rištan, nei pressi di Fergana (Uzbekistan). Ha studiato alla scuola navale di San Pietroburgo, nelle università di Taškent e di Fergana. Dalla fine degli anni Novanta ha vissuto a Mosca, dove ha lavorato come redattore letterario per i giornali “Pervoe sentjabrja” e “Kinoscenarij”. Dal 2001 risiede con la famiglia in Finlandia.È autore di versi, prose poetiche, articoli. Ha pubblicato testi su riviste uzbeche e russe: “Zvezda Vostoka”, “Tak kak”, “Znamja”, “Mitin žurnal”, “Tvërdyj znak”, “Orbita” (Riga), “?ernovik” (New York). Nel 1996 è uscita a San Pietroburgo la raccolta poetica Fergana.Zakirov appartiene alla cosiddetta “scuola poetica di Fergana”, termine apparso negli ambienti letterari russi negli anni Novanta per indicare un originale gruppo letterario composto da autori uzbechi, tagichi, tartari, ebrei, russi, legati alla cittadina di Fergana e che scrivono in russo.Attualmente la maggior parte di essi vive al di fuori dell’Uzbekistan: in Russia, Europa, USA, Israele. Il gruppo è influenzato dalla grande tradizione poetica orientale (cinese e giapponese) e dalla poesia occidentale, nelle sue componenti principali – mediterranea e anglosassone. La poesia cui si ispirano gli autori di Fergana è la più varia: il cinese Tao Yuan Ming, il giapponese Matsuo Basho, la raccolta di haiku Manyoshu, l’epica di Gilgamesh, Walt Whitman, Thomas Eliot, Ezra Pound, Giacomo Leopardi, John Donne, Williams Carlos Williams, Rainer Maria Rilke (NdT)

 

Chamdam Zakirov
da: Frammenti di versi a mezzanotte
(inediti)
traduzione dal russo di Paolo Galvagni

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(traduzione dal russo di Paolo Galvagni)
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FRAMMENTI DI VERSI A MEZZANOTTE

Dopo tanti anni, passati come in un altro corpo,
guardare di notte la quiete abituale alla finestra e poi inaspettatamente
notare
il proprio riflesso. È rimasta la luce, senza considerare ciò che riflette il monitor
con la scritta usuale a tale ora “… prima di chiudere?” Il mondo appare come
allo schermo:
piatto e non autentico. Ecco, solo
le tue dita non lasciano moire e tracce.  Ne esce che
solo la superfice LCD è ancora sensibile agli sfioramenti.
Tutto il resto è irraggiungibile, pur essendo vicino:
il mondo si è sistemato nello spazio davanti al monitor, rimanendo se stesso.

*

La diafanità non è più diafana dell’opacità, al contrario –
è coperta da un sottile strato di polvere,
come dal tributo degli anni, a cui ti abitui.
E basta dubitare: è così necessario
passare la mano sullo specchio?
Non deformerà la traccia delle dita il nostro
vivere quieto, sereno, fisso?
E se si lascia tutto come è –
è facile dire dopo che prima
tutto era più pulito, meglio, più bello…

*

Raccogliere tutto per particelle. Con gli anni sono più minute, quindi più difficile
ridurre tutto a un’unica immagine, si perdono più parole,
gli sforzi sono vani, si vede già all’inizio.
Il vuoto è anche là dove qualcosa pare esserci costantemente:
né sostegni, né chi sostiene. La vita rimane vita –
solo la tua, necessaria a te solo.

*

I soffioni

……………………..Soffione – tarachšakuk (uzb.)
……………………..Il nome di genere Taraxacum proviene
……………………..dalla latinizzazione del nome arabo (tharakhchakon)
……………………..o persiano (talkh chakok)
……………………..di un’altra composita.
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Ecco volano nel cortile i paracaduti dei soffioni.
Volano come un cuore bianco, aperto all’aria, a mezzo passo dalla morte.
Come il volo dei soffioni, la tua vita prosegue –
prosegue tanto, quante forze avrà il vento.
Non sei solo, dicono loro, e in una folata
ci stringiamo e ci allarghiamo:
i soffioni e il respiro divino.
Migliaia di destini sfrecciano accanto, mentre
in un lungo volo attraversiamo una radura.
Tante parole non bastano per descrivere il mondo attorno –
dove un semplice soffione potrebbe nascondere una tale ricchezza!?
La gente non sa quant’è breve la nostra vita, com’è lungo il volo.
Noi, i soffioni, ci riflettiamo in voi e voliamo –
poveri parenti di  stupende astri del Giappone mattinieri,
seni con ciuffetti, baci aerei della terra.

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Chamdam Zakirov è nato nel 1966 nella cittadina di Rištan, nei pressi di Fergana (Uzbekistan). Ha studiato alla scuola navale di San Pietroburgo, nelle università di Taškent e di Fergana. Dalla fine degli anni Novanta ha vissuto a Mosca, dove ha lavorato come redattore letterario per i giornali “Pervoe sentjabrja” e “Kinoscenarij”. Dal 2001 risiede con la famiglia in Finlandia.È autore di versi, prose poetiche, articoli. Ha pubblicato testi su riviste uzbeche e russe: “Zvezda Vostoka”, “Tak kak”, “Znamja”, “Mitin žurnal”, “Tvërdyj znak”, “Orbita” (Riga), “?ernovik” (New York). Nel 1996 è uscita a San Pietroburgo la raccolta poetica Fergana.Zakirov appartiene alla cosiddetta “scuola poetica di Fergana”, termine apparso negli ambienti letterari russi negli anni Novanta per indicare un originale gruppo letterario composto da autori uzbechi, tagichi, tartari, ebrei, russi, legati alla cittadina di Fergana e che scrivono in russo.
Attualmente la maggior parte di essi vive al di fuori dell’Uzbekistan: in Russia, Europa, USA, Israele. Il gruppo è influenzato dalla grande tradizione poetica orientale (cinese e giapponese) e dalla poesia occidentale, nelle sue componenti principali – mediterranea e anglosassone. La poesia cui si ispirano gli autori di Fergana è la più varia: il cinese Tao Yuan Ming, il giapponese Matsuo Basho, la raccolta di haiku Manyoshu, l’epica di Gilgamesh, Walt Whitman, Thomas Eliot, Ezra Pound, Giacomo Leopardi, John Donne, Williams Carlos Williams, Rainer Maria Rilke (NdT)

Fotografia di proprietà dell’autore.

Paolo Galvagni (1967). Laureato in Lingua e letteratura russa a Bologna, ha trascorso periodi di studio a Mosca, Minsk, Kiev, Pietroburgo. Collabora con riviste e case editrici, per le quali traduce testi di poeti e narratori russi, con specifica attenzione alla poesia contemporanea. Tra gli autori tradotti si ricordano A. Achmatova, A. Andreev, A. Blok, N. Kljuev, Vl. Majakovskij, Vl. Vysockij. Tra i contemporanei: Elena Svarc, Sergej Zav’jalov, Sergej Stratanovskij.

Per Atelier ha tradotto:
– Sergej Timofeev (Lettonia)