DUFFY 2

Carol Ann Duffy – da “The Other Country”

DUFFY 2Carol Ann Duffy (1955) è una poeta e drammaturga scozzese, direttrice dei corsi di scrittura creativa presso la Manchester Metropolitan University e, dal 1º maggio 2009, Poeta Laureato del Regno Unito, prima donna scozzese a essere investita di tale carica. Tra le raccolte di poesie pubblicate, si ricordano Standing Female Nude (1985 – Scottish Arts Council Award); Selling Manhattan (1987 – Somerset Maugham Award); Mean Time (1993 – Whitbread Poetry Award); Rapture (2005 – T. S. Eliot Prize) e The Bees (2011 – la prima raccolta pubblicata dopo la nomina a Poeta Laureato del Regno Unito). La sua poesia focalizza tematiche quali l’oppressione, l’orientamento sessuale, la violenza. Grazie al linguaggio accessibile è divenuta straordinariamente popolare, anche nelle scuole.

 Carol Ann Duffy
da The Other Country
(poesie inedite in italiano)
selezione a cura dei traduttori ufficiali: Floriana Marinzuli e Bernardino Nera

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ORIGINALLY

duffy 01We came from our own country in a red room
which fell through the fields, our mother singing
our father’s name to the turn of the wheels.
My brothers cried, one of them bawling Home,
Home, as the miles rushed back to the city,
the street, the house, the vacant rooms
where we didn’t live any more. I stared
at the eyes of a blind toy, holding its paw.

All childhood is an emigration. Some are slow,
leaving you standing, resigned, up an avenue
where no one you know stays. Others are sudden.
Your accent wrong. Corners, which seem familiar,
leading to unimagined, pebble-dashed estates, big boys
eating worms and shouting words you don’t understand.
My parents’ anxiety stirred like a loose tooth
in my head. I want our own country, I said.

But then you forget, or don’t recall, or change,
and, seeing your brother swallow a slug, feel only
a skelf of shame. I remember my tongue
shedding its skin like a snake, my voice
in the classroom sounding just like the rest. Do I only think
I lost a river, culture, speech, sense of first space
and the right place? Now, Where do you come from?
strangers ask. Originally? And I hesitate.
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PÈRE LACHAISE

Along the ruined avenues the long gone lie
under the old stones. For 10 francs, a map unravels
the crumbling paths which lead to the late great.
A silent town. A vast, perplexing pause.

The living come, murmuring with fresh flowers, their maps
fluttering like white flags in the slight breeze.
April. Beginning of spring. Lilies for Oscar,
one red rose for Colette. Remembrance. Do not forget.

Turn left for Seurat, Chopin, Proust, and Gertrude Stein
with nothing more to say. Below the breathing trees
a thousand lost talents dream into dust; decay
into largely familiar names for a stranger’s bouquet.

Forever dead. Say these words and let their meaning
dizzy you like the scent of innumerable petals
here in Père Lachaise. The sad tourists stand
by the graves, reciting the titles of poems, paintings, songs,

things which have brought them here for the afternoon.
We thread our way through the cemetery, misquoting
or humming quietly and almost comforted.
Two young men embrace near Piaf’s tomb.
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In Your Mind

The other country, is it anticipated or half-remembered?
Its language is muffled by the rain which falls all afternoon
one autumn in England, and in your mind
you put aside your work and head for the airport
with a credit card and a warm coat you will leave
on the plane. The past fades like newsprint in the sun.

You know people there. Their faces are photographs
on the wrong side of your eyes. A beautiful boy
in the bar on the harbour serves you a drink—what?—
asks you if men could possibly land on the moon.
A moon like an orange drawn by a child. No.
Never. You watch it peel itself into the sea.

Sleep. The rasp of carpentry wakes you. On the wall,
a painting lost for thirty years renders the room yours.
Of course. You go to your job, right at the old hotel, left,
then left again. You love this job. Apt sounds
mark the passing of the hours. Seagulls. Bells. A flute
practising scales. You swap a coin for a fish on the way home.

Then suddenly you are lost but not lost, dawdling
on the blue bridge, watching six swans vanish
under your feet. The certainty of place turns on the lights
all over town, turns up the scent on the air. For a moment
you are there, in the other country, knowing its name.
And then a desk. A newspaper. A window. English rain.
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selezione a cura dei traduttori ufficiali: Floriana Marinzuli e Bernardino Nera
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D’ORIGINE

Siamo arrivati dal nostro paese dentro una stanza rossa
che scivolava per i campi, con mia madre che cantava
il nome di nostro padre a ogni giro di ruota.
I miei fratelli piangevano, uno di loro gridava Casa,
Casa, mentre le miglia tornavano indietro nella città,
nella via, nella casa, nelle stanze vuote
dove non abitavamo più. Fissavo gli occhi
di un peluche cieco e gli stringevo la zampa.

Ogni infanzia è un emigrare. Alcune sono lente,
ti lasciano ferma, rassegnata, in un viale
dove non rimane nessuno che conosci. Altre sono repentine.
Il tuo accento è sbagliato. Angoli, in apparenza familiari,
che conducono a inimmaginabili abitazioni intonacate con la ghiaia,
ragazzi grossi che mangiano vermi e gridano parole che non capisci.
L’ansia dei miei genitori agitata come un dente allentato
nella mia testa. Rivoglio il nostro paese, ho detto io.

Ma poi dimentichi, non ricordi, o cambi
e, nel vedere tuo fratello che inghiotte una lumaca, avverti
solo un pizzico di vergogna. Ricordo la mia lingua
spellarsi come un serpente, la mia voce
in classe uguale alle altre. Penso di aver perso
solo un fiume, una cultura,  un modo di parlare,
il senso del primo spazio e del posto giusto? Ora: Di dove sei?
Chiedono gli estranei. D’origine? E indugio.
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PÈRE LACHAISE

Lungo i viali in rovina i morti da lungo tempo giacciono
sotto le vecchie pietre. Per 10 franchi una cartina dipana
i sentieri sgretolati che portano agli grandi estinti.
Una città silente. Un’ampia pausa sconcertante.

I vivi arrivano, mormorando tra i fiori freschi, le cartine
svolazzano come bandiere bianche nella lieve brezza.
Aprile. Inizio della primavera. Gigli per Oscar,
una rosa rossa per Colette. Memoria. Non dimenticare.

Svolto a sinistra per Seurat, Chopin, Proust e Gertrude Stein
nient’altro da dire. Sotto gli alberi che respirano
migliaia di talenti perduti sognano nella polvere; si disfanno
in nomi per lo più familiari per il bouquet di un estraneo.

Morti per sempre. Dì queste parole e lascia che il significato
ti stordisca come il profumo di innumerevoli petali
qui a Père Lachaise. I turisti mesti accanto
alle tombe, recitano i titoli di poesie, dipinti, canzoni,

cose che li hanno portati qui nel pomeriggio.
Ci facciamo strada attraverso il cimitero, citando male
o canticchiando a bassa voce e quasi confortati.
Due giovanotti si abbracciano vicino alla tomba della Piaf.
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Nella Tua Mente

L’altro Paese, è anticipato o un mezzo ricordo?
La sua lingua è velata dalla pioggia che cade tutto il pomeriggio
un autunno in Inghilterra, e nella tua mente
metti da parte il lavoro e prendi la via per l’aeroporto
con una carta di credito e un capotto caldo che lascerai
sull’aereo. Il passato sbiadisce come carta stampata al sole.

Hai amici là. I loro volti sono fotografie
dal lato sbagliato dei tuoi occhi. Uno splendido ragazzo
al bar del porto ti serve un drink—cosa?—
ti chiede se mai gli uomini potranno atterrare sulla luna.
Una luna come un’arancia disegnata da un bambino. No.
Mai. La guardi sbucciarsi da sé nel mare.

Dormi. Lo stridore del cantiere ti sveglia. Sulla parete,
un quadro perso per trent’anni rende tua la stanza.
Naturalmente. Vai a lavoro, a destra del vecchio hotel, sinistra,
poi di nuovo a sinistra. Ami questo lavoro. Suoni adatti
segnano il passaggio delle ore. Gabbiani. Campane. Un flauto
prova le scale. Tornando a casa baratti una moneta per un pesce.

Poi all’improvviso ti perdi ma non proprio, gironzolando
sul ponte blu, guardando sei cigni svanire
sotto i piedi. La certezza del luogo accende le luci
sull’intera città, intensifica il profumo nell’aria. Per un attimo
sei lì, nell’altro Paese, ne conosci il nome.
E poi un tavolo. Un giornale. Una finestra. Pioggia inglese.
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Carol Ann Duffy (1955) è una poeta e drammaturga scozzese, direttrice dei corsi di scrittura creativa presso la Manchester Metropolitan University e, dal 1º maggio 2009, Poeta Laureato del Regno Unito, prima donna scozzese a essere investita di tale carica. Tra le raccolte di poesie pubblicate, si ricordano Standing Female Nude (1985 – Scottish Arts Council Award); Selling Manhattan (1987 – Somerset Maugham Award); Mean Time (1993 – Whitbread Poetry Award); Rapture (2005 – T. S. Eliot Prize) e The Bees (2011 – la prima raccolta pubblicata dopo la nomina a Poeta Laureato del Regno Unito). La sua poesia focalizza tematiche quali l’oppressione, l’orientamento sessuale, la violenza. Grazie al linguaggio accessibile è divenuta straordinariamente popolare, anche nelle scuole.

Foto di Murdo McLeod, The Guardian

Floriana Marinzuli vive e lavora a Roma. Dottore di ricerca in letterature di lingua inglese, si occupa di teoria e pratica della traduzione letteraria. Ha tradotto poesia contemporanea britannica e americana per le riviste Poesia, Testo a Fronte, Acoma, Intralinea. Con Bernardino Nera ha curato  la traduzione di Rapture (‘Estasi’, Del Vecchio Editore, 2008) e l’antologia di poesie d’amore Lo Splendore del Tempio (Crocetti Editore, 2012) della Poet Laureate britannica Carol Ann Duffy. Nel 2013 è risultata finalista alla 10° edizione del Premio Letterario Nazionale “Città di Forlì” (sez. ‘Jacopo Allegretti’ – traduzione poetica) per la traduzione dall’inglese di  alcuni testi di Jo Shapcott.

Bernardino Nera è docente di Lingua e Letteratura Inglese presso alcuni licei romani dal 1987. E’ autore del testo La Scena di Liverpool: giovane poesia inglese degli anni Sessanta, (Firenze Libri, 1994), antologia di poesie dei poeti di Liverpool (A. Henri, R. McGough, B. Patten) tradotte in italiano, con introduzione critica. Ha inoltre tradotto alcuni saggi e testi letterari inclusi nel volume curato da L. Fried, Gli Ebrei e la grande Emigrazione. Alle origini della letteratura Ebraica (NEU, 2006). Nel 2009 ha pubblicato in collaborazione con Annalisa Talamo, l’opera per studenti universitari e di scuola superiore, The Liverpool Scene. English Poetry in the Sixties (Aracne Editrice). Con Floriana Marinzuli ha curato  la traduzione di Rapture (‘Estasi’, Del Vecchio Editore, 2008) e l’antologia di poesie d’amore Lo Splendore del Tempio (Crocetti Editore, 2012) della Poet Laureate britannica Carol Ann Duffy

Nel 2013 entrambi vengono insigniti del Premio Nazionale di Poesia e Traduzione Poetica ‘Achille Marazza’ per la traduzione delle poesie incluse nell’antologia Lo splendore del Tempio (Crocetti Editore).

Le poesie qui proposte sono traduzioni inedite in italiano e frutto di una selezione operata dagli stessi traduttori ai quali Atelier ha dato carta bianca.

 

Di Floriana Marinzuli e Bernardino Nera è disponibile anche una selezione di poesie di Carol Ann Duffy tratta dalle raccolte The Bees e Standing Female Nude e precedentemente pubblicata su Atelier, qui