Berenice Valerio – Inediti

Berenice Valerio (1994) si è laureata in filofosia del linguaggio presso l’università di Bologna, con una tesi sul metodo immaginativo in Wittgenstein. Ha collaborato alla stesura di articoli con l’associazione culturale «Lampioni Aerei» e con la rivista di poesia contemporanea «Mediumpoesia». Altri suoi contributi, poetici e non, sono apparsi su «In-verso» e «la nuova carne». Ha lavorato come operatrice funebre e conseguito il diploma di tanato-prassi e tanatoestetica presso i Tanatori de les Corts a Barcellona.

 

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Il cuore in bella vista
come un anello, mi è stato sfilato
con guanti in nitrile
                                    riposto in una busta.
Abbiamo sfilato gli anelli
a una signora morta
come me, che la guardo
e aspetto
a riposo, come lei
(come loro)
maltrattati
inermi
circondati da fiori.

 

*

 

Abbiamo sfilato gli anelli
a una signora morta
come me, che la guardo
e aspetto
a riposo, come lei
(come loro)
maltrattati
inermi
circondati da fiori.

 

*

 

Quando Flora è morta sua figlia si è chiusa
con lei nella stanzetta fredda.
L’ha riempita di segreti
da portare sottoterra, e una sigaretta
per il viaggio.

 

*

 

Il funerale del mafioso
gran cosa chiacchierata.
Non ha chiuso gli occhi,
così in paranoia l’abbiamo trovato
sul tavolo autoptico.
Tra le mani da ragno stringeva un crocefisso.
Nessun cambio d’abito
ha salutato il mondo in pigiama.
La sua stanza sovraffollata; poi hanno ordinato
la pizza per pranzo, mangiata lì
di fianco al morto.

 

*

 

Ore 22 e qualcosa
col furgoncino lercio dentro e lucido fuori
verso una cascina in Brianza.
Stradine tortuose, alla radio
L’Apprendista Stregone.
Il mio primo recupero di salma
che qui chiamano articolo 39.
Parcheggiamo nel cortile
scalette umide, televisore acceso
il suo viso nero e gonfio
                                    (arresto cardiaco)
una grossa bacca
con gli occhi chiusi.

 

*

 

Dalla finestra dell’ospizio
chilometri di risaie.
Ma lui vedeva i monti
e l’aquila, che ogni giorno lo visitava.
Per merenda tutti con le dita nel miele
questo raccontava, lui
cresciuto scappando dalla verga
nei boschi.
Ora è sdraiato infondo alla navata
chiuso in una bara

                                    in una specie di tronco cavo
                                    avvitato.